Virus, il medico della zona rossa: «Noi lasciati soli dalla Lombardia, ora ci chiamano eroi»

Virus, il medico della zona rossa: «Noi lasciati soli dalla Lombardia, ora ci chiamano eroi»
di Claudia Guasco
Martedì 2 Giugno 2020, 07:32 - Ultimo agg. 18:31
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Il dottor Michele Polini è medico di medicina generale a Casalpusterlengo, cuore della zona rossa del lodigiano, ha 33 anni di attività alle spalle ma, assicura, «un'esperienza così drammatica come l'epidemia di Covid-19 non l'ho mai vissuta». L'arrivo del presidente Mattarella «è un segno», dice, dopo mesi di duro lavoro è stanco e anche amareggiato: «In Italia siamo abituati a parlare male delle istituzioni, purtroppo a volte fanno di tutto per tenere fede alla fama che hanno».

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Dottor Polini, cosa è successo?
«Ha presente il popolo degli iloti? Erano i servi degli spartani, chiamati il popolo del niente. Ecco, noi medici siamo come gli iloti: eravamo nessuno tre mesi fa e ora ci dicono che siamo eroi per darci il contentino. Infuriava l'epidemia e noi siamo stati abbandonati, non considerati, non tutelati. Noi medici di base abbiamo rischiato la vita più di tutti, perché quando un paziente contagioso arriva in pronto soccorso o in rianimazione scattano i campanelli di allarme. Nei nostri ambulatori no».

E quindi come vi siete organizzati?
«Ognuno per sé e Dio per tutti, abbiamo fatto umanamente e professionalmente il possibile, lasciandoci alle spalle una scia di disgrazie e lacrime. Le uniche contromisure che potevamo prendere era vietare l'accesso in massa all'ambulatorio: si entra uno alla volta, meglio una telefonata che presentarsi. Io ricevevo una media di 93 chiamate al giorno. In questo modo cercavamo di supplire alle carenze dell'Agenzia di tutela della salute, che non ha mai creato una rete sanitaria regionale funzionante sul territorio. Tra marzo e aprile per contattare il 112, numero di emergenza per i malati Covid, ci volevano due giorni. Quando rispondevano, dicevano di rivolgersi al medico curante - cioè noi - perché non c'era posto da nessuna parte».

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E voi non avevate nemmeno in dotazione le mascherine.
«Ci siamo trovati nudi sull'orlo della trincea. L'Ats assente, sparita, nessun dispositivo di protezione. Sa come abbiamo recuperato le mascherine? Tramite donazioni: quelle dei Lyons, della banca locale, dell'ospedale. Ovunque tranne che dal nostro datore di lavoro. Ci hanno fatto rischiare la pelle».

E adesso?
«L'ospedale di Casalpusterlengo, trasformato in una notte in grande reparto Covid, oggi ha solo due ricoverati. Il 21 febbraio esisteva un mondo di patologie messe in un cassetto, tanta gente è morta non per il virus ma perché si è fermata la sanità: niente personale, zero posti letto, tutto è stato dirottato sull'epidemia. Adesso abbiamo fior di ospedali per le rianimazioni, realizzati con i soldi dei privati, completamente vuoti. Speriamo non servano per una seconda ondata, che temo».

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