Aborto, cosa dice la legge in Italia? La sentenza Usa può cambiare scenari? «Un passo indietro di 50 anni»

L'avvocato Marco Meliti: «Trovo davvero difficile ipotizzare che possa verificarsi un’ipotesi del genere in Italia»

Aborto, cosa dice la legge in Italia? La sentenza Usa può cambiare scenari? «Un passo indietro di 50 anni»
Aborto, cosa dice la legge in Italia? La sentenza Usa può cambiare scenari? «Un passo indietro di 50 anni»
di Barbara Carbone
Venerdì 24 Giugno 2022, 19:15 - Ultimo agg. 26 Giugno, 11:06
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La sentenza Usa con la quale la Corte Suprema abolisce il diritto all’aborto è destinata a far discutere. Soltanto poche ore fa, in America, è stata annullata la sentenza Roe v. Wade del 1973 che da 50 anni garantisce alle donne il diritto di interrompere una gravidanza. D’ora in poi, i singoli Stati, saranno liberi di applicare le loro leggi in materia.

Avvocato Marco Meliti con questo verdetto gli Stati Uniti fanno un salto indietro nei diritti di oltre mezzo secolo?

«Temo di si. E’ chiaramente una decisone che affossa decenni di sofferte battaglie per la tutela dei diritti delle donne riportando l’orologio indietro di 50 anni».

In Italia potrebbe accadere?

«Trovo davvero difficile ipotizzare che possa verificarsi un’ipotesi del genere in Italia.

La legge sull’aborto è stata frutto di un radicato cambiamento culturale e sociale, volto ad affermare l’autodeterminazione delle donne e il diritto all’aborto sicuro come diritto umano fondamentale. Per cui oggi, per tornare indietro, occorrerebbe una nuova disposizione di legge o, in mancanza, una consultazione referendaria di segno opposto».

Possiamo quindi ritenere l’aborto un diritto acquisito?

«A livello Europeo direi certamente di sì, anche se la recente sentenza della Corte Costituzionale polacca che ha vietato la procedura di aborto anche nei casi di grave malformazione del feto, è suonata come un campanello di allarme. La posizione espressa, però, dalla Commissione Europea, attraverso la presidente Von der Leyen, è stata netta nell’affermare che ‘’ Nella Ue sui diritti delle donne non si arretra". Ciò non toglie che la decisione della Corte Suprema USA darà nuova linfa alle posizioni antiabortiste portate avanti da alcune associazioni, anche nel nostro Paese, alzando il livello delle contrapposizioni ideologiche».   

Oggi come è regolato l’aborto in Italia?

«Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194/78 che stabilisce le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza. La donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Oltre tale termine è consentito solo qualora la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna oppure quando vengano accertate patologie del nascituro che determinino un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna che sta portando avanti la gravidanza».

 

Cosa prevede esattamente la Legge 194/78?   

«Il primo step è volto a capire perché la donna vuole abortire e se esistono delle soluzioni per evitare l’interruzione di gravidanza. Successivamente, in assenza di urgenza, c’è un invito a soprassedere per sette giorni sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza. La donna deve cioè essere realmente convinta di abortire. Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari, una finalità che si intende perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne».

Sono trascorsi 44 anni dall’entrata in vigore della Legge 194. Perché secondo lei le donne che decidono di abortire sono ancora guardate con sospetto?

«Anche in Italia l’interruzione di gravidanza continua ad incontrare degli ostacoli. Questo è indubbio. Nonostante la legge 194 le donne trovano difficoltà ad accedere a questo diritto garantito dalla legge anche in ragione dell’alto numero di medici obiettori di coscienza».

Quanto alla sentenza shock americana c’è chi ha parlato di una decisione crudele e chi di vittoria della vita. Secondo lei è giusto che sia la politica a decidere su questioni così personali come l’interruzione di gravidanza?

«E’ chiaro che spetta al legislatore regolamentare il diritto all’aborto. D’altra parte è vero anche che imporre una gravidanza non desiderata o abortire in condizioni non sicure espone a rischio la salute e, in alcuni casi, perfino la vita delle donne. Resta una questione molto delicata».

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