Alessia Pifferi, gli esami: alla figlia Diana fatti assumere tranquillanti

Alla piccola somministrate benzodiazepine: la conferma dagli accertamenti medico legali

Alessia Pifferi, gli esami confermano: a Diana fatti assumere tranquillanti
Alessia Pifferi, gli esami confermano: a Diana fatti assumere tranquillanti
Giovedì 20 Ottobre 2022, 14:29 - Ultimo agg. 15:19
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A Diana Pifferi, la bimba un anno e mezzo morta di stenti a Milano, dopo essere stata lasciata sola in casa dalla madre per 6 giorni, sono state fatte assumere benzodiazepine, ossia tranquillanti. La notizia si è appresa, dagli accertamenti medico legali disposti, nell'ambito della consulenza autoptica che sarà depositata formalmente nei prossimi giorni, dalla Procura di Milano nell'inchiesta a carico di Alessia Pifferi, accusata di omicidio volontario aggravato, in carcere dal 21 luglio.

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Alessia Pifferi era «consapevole» di ciò che stava facendo. «L'indagata non ha mai avuto, nella sua vita, nessuna storia di disagio psichico né tanto meno di psico-patologia, e che anche dopo l'ingresso in carcere, come attestano le relazioni del Servizio di psichiatria interna (del carcere di San Vittore, ndr), si è sempre dimostrata consapevole, orientata e adeguata, nonché in grado di iniziare un percorso, nei colloqui psicologici periodici di monitoraggio, di narrazione ed elaborazione del proprio vissuto affettivo ed emotivo, come attesta in particolare la relazione del 2 agosto 2022».

Queste le motivazioni con cui il gip di Milano, Fabrizio Filice, aveva respinto, lo scorso 3 ottobre, l'istanza dei difensori di Alessia Pifferi che chiedevano l'accesso al carcere di due consulenti tecnici per un accertamento neuro-psichiatrico sulla donna accusata di omicidio aggravato per aver ucciso la figlia Diana di soli 18 mesi.

Gli avvocati Solange Marchignoli e Luca D'Auria chiedevano un accertamento di tipo «neuroscientifico- cognitivo» più che strettamente psichiatrico, richiesta alla quale si era opposta la procura, con i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, consegnando tre relazioni del Servizio di psichiatria interna al carcere dalle quali «emerge una condizione psichica dell'indagata del tutto nella norma».

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