Amatrice, il vento abbatte il Cerro di Sant'Angelo: aveva 600 anni, era il più grande d'Europa Il rifugio segreto

Amatrice, il vento abbatte il Cerro di Sant'Angelo: aveva 600 anni, era il più grande d'Europa Il rifugio segreto
di Marzio Mozzetti
Domenica 15 Agosto 2021, 03:30 - Ultimo agg. 13:24
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Dal 1400 ha dominato maestoso la Conca di Amatrice: 600 anni di storia cancellati da una tempesta di vento che ha abbattuto il  Cerro di Galloro. Ha fatto ombra a sei secoli di vicende amatriciane e italiane sopravvivendo anche ai terremoti più rovinosi come quellli del 1639, del 1703 e del 2016.

Il patriarca dei Cerri europeo ha vissuto nel periodo in cui Amatrice batteva moneta alla fine del Quattrocento, ha intrecciato le sue radici con quelle dei guelfi e dei ghibellini, del "suo" primo Papa Gregorio XII, del Risorgimento, dell'Unità d’Italia e della seconda guerra mondiale. Ha fatto storicamentee parte dell'Abruzzo e poi della provincia di Rieti formata nel Ventennio. Sotto le sue fronde, a mille metri di quota, i pastori hanno inizialmente cucinato la Gricia e non ancora l'Amatriciana, perché Cristoforo Colombo doveva ancora scoprire l'America ed Hernán Cortés doveva ancora tornare in Europa con i misteriosi “pomi d'oro” laggiù trovati.

Il vento abbatte il Cerro di Amatrice

Il più imponente cerro europeo era il simbolo della frazione Sant'Angelo di Amatrice: era sei volte più vecchio dell'ultracentenaria Paolina Vargiu, vedova Magnifici. Quest’anno a luglio ha spento 104 candeline e tra i ricordi indelebili ci sono quelli della Seconda guerra mondiale, quando il marito e gli altri uomini del paese si rifugiavano addirittura dentro l’albero coprendo con un "coperchio" di corteccia la fessura d'ingresso scavata da un fulmine: così sfuggivano ai rastrellamenti.

Il segnale di uscita era dato dalle mogli, che esponevano dei lenzuoli bianchi per segnalare il passato pericolo.

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Nella frazione Sant'Angelo, una delle 69 di Amatrice, il gigante (del genere Quercus Cerris) era una celebrità tanto quanto i monti della Laga che fronteggiava: quando è rovinato a terra nei giorni scorsi si è voluto recitare un rosario fra quegli enormi arti di legno a pochi passi dai ruderi della chiesetta di Galloro, distrutta dal sisma del 2016 e dal cimitero (anch'esso pesantemente provato dalle scosse del 2016).

 “La nostra quercia monumentale, nata oltre 600 anni fa, è stata abbattuta da una tempesta di vento -spiega Mario Feliziani, presidente dell’Associazione Associazione Amici Insieme per Sant’Angelo - la nostra associazione aveva svolto un ruolo determinante per il riconoscimento di questo bene monumentale che ha rappresentato la nostra comunità per tante generazioni. Oggi, distesa a terra, appare ancora maestosa e imponente e merita di essere osservata con rispetto”.

 

“Con immenso dolore la nostra comunità ha perso uno dei pochi simboli materiali rimasti dopo il terremoto - ha scritto l’amministrazione comunale di Amatrice - la bufera di vento è stata fatale alla quercia, una delle più antiche d'Italia”. L’albero aveva sicuramente superato i seicento anni ed era alto circa 21 metri con una circonferenza di circa 7 metri. Già prima del sisma era una delle mete più ricercate a livello naturalistico della zona: punto di partenza delle escursioni per Macchie Piane e poi per il monte Pizzo di Sevo che si erge di fronte alla località.

Nel 2016, la quercia, per la sua notevole importanza naturalistica, era stata inserito dal Corpo Forestale dello Stato tra gli Alberi Monumentali d'Italia, diventando ancora di più patrimonio nazionale. Sempre prima del sisma, l’AIPS insieme con la sezione del CAI di Amatrice, aveva partecipato al censimento per i “Luoghi del Cuore” del FAI, inserendo la pianta nei luoghi da votare e raggiungendo quasi duemila adesioni.

Nel territorio di Amatrice ci sono altri “giganti” naturali che la locale Sezione CAI da anni si occupa di tutelare e censire. Il 21 novembre prossimo, nell’ambito dell’iniziativa “tutti i colori della Laga”, si terrà un convegno in occasione della giornata nazionale degli alberi.

La provincia di Rieti può inoltre vantare almeno due ‘patriarchi’ da sicuro primato: si tratta dell'Ulivone di Canneto Sabino, pianta ultramillenaria considerata tra le più anziane d’Europa e simbolo della vocazione per l’olio della zona, nonchè dell'Ulivo di Romano Prodi. Un altro albero di grande prestigio è il faggio di San Francesco, 800 anni, cresciuto a Rivodutri: la tradizione vuole che la pianta assunse questa conformazione per riparare San Francesco da un temporale che lo sorprese durante un solitario ritiro mistico.

Giganti naturalistici che sfidano incolumi secoli di vicissitudini e che, come nel caso della quercia di Amatrice, fanno rumore quando cadono: uno schianto straziante ch riporta al tema della tutela e della protezione di questi antenati dall'immenso valore non solo naturalistico.

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