Violenza in un asilo. Sei misure giudiziarie a carico della titolare di un asilo nido e di 5 maestre sono state emesse dal Tribunale di Milano a causa dei presunti metodi coercitivi e violenti esercitati nella struttura, che si trova nel Milanese. Le indagini sono nate dalle segnalazioni di alcune stagiste. Strattoni, schiaffi, spinte e metodi punitivi sarebbero stati accertati dai carabinieri di Legnano, portando alla misura cautelare dell'obbligo quotidiano di presentazione alla polizia e alla interdittiva del divieto di esercizio della professione, nei confronti della titolare e delle 5 collaboratrici.
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Tra i metodi coercitivi scoperti dai carabinieri di Legnano ci sono anche condotte denigratorie verso i piccoli, molti dei quali stavano imparando a camminare e sarebbero stati bersagliati con piccoli oggetti per vederli cadere e quindi deriderli.
TIRO AL BERSAGLIO - C'è anche il “tiro al bersaglio” con cubotti, cuscini e palline di plastica contro i bimbi nel lungo elenco di violenze fisiche e verbali che le 5 maestre dell'asilo nel Milanese, per mesi hanno perpetrato, dimostrando «con indiscutibile chiarezza (..) la totale carenza di capacità di autocontrollo» e anche «incuranza, insensibilità e spregio» nei confronti dei bambini. È quanto viene a galla dalle testimonianze delle giovani stagiste che hanno denunciato le insegnanti destinatarie della misura cautelare della sospensione per un anno dalla professione e dell'obbligo di firma per maltrattamenti aggravati. Come si legge nell'ordinanza del gip Ileana Ramundo, le maestre , oltre alle pantofole e ai giocattoli, avrebbero lanciato «quasi quotidianamente» palline di plastica contro i piccoli «facendo a gara a chi ne colpisse di più, attribuendo dei punteggi alle varie parti del corpo colpite» fino a un massimo di 5 punti se il bimbo fosse caduto. Un gioco che, in aggiunta al resto, per il giudice è indice di «una spiccata pericolosità sociale» tale da «rendere assai probabile la reiterazione di analoghi comportamenti», vista «l'incapacità» delle indagate di «percepire il disvalore delle loro condotte».
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