Vaccino Astrazeneca contro il Covid, riprende la sperimentazione. Gli esperti: patologia del volontario non è collegata

Vaccino Astrazeneca contro il Covid, riprende la sperimentazione. Gli esperti: patologia del volontario non è collegata
di Mauro Evangelisti
Sabato 12 Settembre 2020, 16:06 - Ultimo agg. 30 Dicembre, 16:11
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Buone notizie per il vaccino elaborato dall'Università di Oxford, insieme alla multinazionale AstraZeneca e al centro di ricerca di Pomezia, Irbm. Una commissione indipendente di esperti, nel Regno Unito, ha dato il via libera alla ripresa della sperimentazione. Come si ricorderà nei giorni scorsi c'era stata un sospensione perché uno dei 50mila volontari aveva sviluppato una reazione sospetta, un'infiammazione spinale.

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La verifica eseguita dal comitato tecnico indipendente ha appurato che non vi è collegamento con il vaccino e dunque la sperimentazione può ripartire. Si tratta del vaccino sul quale l'Italia, insieme ad altri paesi europei, ha investito più risorse con la speranza di avere le prime dose, per alcune categorie di cittadini, già a novembre. La sospensione della sperimentazione aveva alimentato il pessimismo, la svolta di oggi sembra andare nella direzione dell'ottimismo, anche la prudenza è sempre necessaria.

Spiega Piero Di Lorenzo, presidente di Irbm: ««Questo non è un gioco. Gli scienziati si assumono una responsabilità di fronte al mondo. La mancata relazione fra il candidato vaccino e l'evento avverso era
evidente, visto che la commissione entro 24 ore dalla riunione si è espressa. Significa proprio che non c'è il minimo dubbio. Se fosse stato un fatto controverso, la commissione avrebbe richiesto molto più
tempo, magari mesi. Invece è stato tutto rapidissimo. Nel cammino di un candidato vaccino gli intoppi ci sono.
Questa volta è stata data pubblicità alla cosa proprio per evitare dietrologie, trattandosi di una sperimentazione alla fine. Ma quando si fa un trial di Fase 3, siccome non sono volontari sani, ma anche con patologie importanti, è fisiologico e di routine che ci possano essere manifestazioni avverse. Poi nel 99,9%
dei casi si dimostra che non c'è una relazione con il candidato vaccino. In questo caso, se ci fosse stato anche solo un dubbio la commissione si sarebbe presa molto più tempo».



 

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