Bomba di 100 chili nel cuore di Brindisi: rischio evacuazione per cinque quartieri

Bomba di 100 chili nel cuore di Brindisi: rischio evacuazione per cinque quartieri
di Lucia Pezzuto
Mercoledì 6 Novembre 2019, 08:48 - Ultimo agg. 14:59
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Ordigno bellico davanti alla multisala Andromeda di Brindisi, gli artificieri tenteranno di disinnescarlo sul posto ma servono opere di contenimento. Si pensa ad un piano di evacuazione nel raggio di un chilometro e mezzo ed a realizzare delle opere di contenimento per disinnescare la bomba risalente al secondo conflitto mondiale ritrovata sabato scorso nell’area del maxicinema Andromeda. Questa è l’ipotesi intorno alla quale stanno lavorando gli uomini del Genio guastatori dell’Esercito italiano che lunedì scorso hanno eseguito un attento sopralluogo. Stando all’esame degli esperti la bomba si trova in una posizione molto delicata e per questo motivo è particolarmente difficile intervenire.

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L’ordigno è stato rinvenuto durante i lavori di scavo per l’ampliamento delle sale del maxicinema. Sembra che la ruspa abbia inavvertitamente toccato l’innesco e per questo, qualsiasi intervento gli artificieri andranno ad attuare, bisognerà prima realizzare delle opere di contenimento per ridurre al minimo il rischio di deflagrazione e, di conseguenza, di danni. Si tratta di una bomba lunga circa un metro, che contiene 100 chilogrammi di esplosivo. Gli storici dicono che risalga ad un periodo compreso tra il 1940 ed il 1941 quando il territorio brindisino fu bombardato dagli aerei inglesi. La città era un punto strategico e costituiva un’importante base militare. I libri raccontano che Brindisi subì i principali attacchi aerei nei mesi di novembre e dicembre 1940 e nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile, novembre e dicembre 1941. Senza ombra di dubbio l’attacco più devastante fu quello della notte tra il 7 e l’8 novembre del 1941, quando le bombe inglesi sventrarono la città uccidendo 80 persone, tra le quali tanti bambini. Tra l’altro, 21 vittime non furono mai identificate. L’ordigno, quindi, risalirebbe ad uno di quegli attacchi.

A distanza di 78 anni il terreno ha restituito uno di quegli ordigni, inesploso. E nonostante il tempo trascorso, il potenziale distruttivo resta lo stesso. Lunedì scorso al termine del sopralluogo da parte degli artificieri dell’Esercito italiano si è svolto un vertice in Prefettura. Gli esperti hanno illustrato la situazione specificando che qualsiasi procedura sarà adottata comporterà dei tempi lunghi per la realizzazione delle opere di contenimento e l’adozione di un piano di evacuazione. La posizione in cui si trova l’ordigno richiede infatti delle cautele in più. «Il piano di evacuazione deve essere fatto in funzione delle modalità con cui verrà trattato l’ordigno: se le operazioni verranno fatte a cielo aperto bisognerà adottare un determinato piano di rischio che verrà coordinato dalla Prefettura - ha spiegato il sindaco
- ma se il trattamento sarà effettuato in loco bisognerà realizzare delle opere di contenimento, che necessitano di tempo per essere realizzate ma limitano l’impatto possibile. Anche nel tentativo di disinnescarla bisogna prendere tutte le precauzioni possibili perché bisogna tener conto anche dell’ipotesi che possa brillare e quindi il piano di rischio deve prevedere entrambe le ipotesi».

Il piano di evacuazione, in ogni caso, prevede di isolare un raggio di un chilometro mezzo. «Non è possibile - sottolinea ancora il sindaco - stabilire i tempi: dobbiamo aspettare il nuovo sopralluogo e la relazione degli artificieri e poi vedere se l’operazione sarà fatta a cielo aperto, cosa della quale dubito, perché il rischio è troppo elevato.

Se invece sarà confermata la necessità delle opere di contenimento ci saranno dei tempi per realizzarle. Al di là di tutto le decisioni non sono state prese, né tanto meno sono stati stabiliti i tempi. Non basterà neppure una settimana per la realizzazione delle opere. Una cosa, però, è giusto chiarire: gli artificieri hanno assicurato che l’ordigno non può esplodere perché la zona è presidiata. Il disinnesco, quindi, non va fatto in un tempo prestabilito perché c’è un pericolo imminente. Non c’è nessun pericolo in questo momento, la situazione di pericolo nasce nel momento in cui si andrà ad operare». 

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