MILANO Murate in un pozzo artesiano, le ossa di Astrit Lamaj sono rimaste occultate per sei anni, nell'oblio. Fino quando una squadra di operai, picconando una parete durante i lavori di ristrutturazione, il 15 gennaio 2019 ha ritrovato ciò che resta del cittadino albanese di 41 anni, scomparso a gennaio 2013. Era stato sepolto in un'intercapedine di una villa settecentesca immersa nella riserva naturale del Parco degli Occhi a Senago, alle porte di Milano. Un calzino e un giubbotto trovati insieme ai resti hanno permesso di risalire all'identità dell'uomo e hanno portato al fermo di cinque persone. Ora c'è un altro presunto responsabile. Ieri all'alba i carabinieri dei nuclei investigativi di Monza e Caltanissetta hanno arrestato a Riesi Salvatore Tambè, 45 anni.
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AMORE E GIOIELLI
Quella di Lamaj è stata un'esecuzione, innescata dalla ritorsione per un furto.
La partecipazione di Tambè si spiegherebbe con il suo legame con la cosca mafiosa dei Cammarata, di cui è stato indicato come affiliato dallo stesso collaboratore di giustizia. Per uccidere Astrit, la mandante Carmela Sciacchitano ha reclutato un commando: i fratelli Angelo e Carmelo Arlotta, Giuseppe Cammarata (detenuto per reati di mafia), e altri complici nel ruolo di esecutori materiali. E poi quelli che facevano il palo, chi ha eliminato il cadavere, persino chi (Ignazio Marrone, il rottamaio già condannato per ndrangheta) ha provveduto a far sparire la macchina della vittima. L'avviso di conclusione indagini ripercorre tutta la vicenda. L'omicidio, dietro la promessa di «un corrispettivo non meglio precisato in denaro», è stato compiuto attirando la vittima a un falso appuntamento per una consegna di droga. Nel box di una villetta di via Monte Grappa a Muggiò, a pochi metri dalla stazione dei carabinieri, l'albanese sarebbe stato tramortito e strangolato: azione alla quale avrebbero preso parte gli Arlotta, Cammarata, Salvatore Tambè. Il cadavere è stato poi spostato in un altro appartamento e trasportato a Senago, dove era in corso la ristrutturazione nella taverna di un appartamento del residence. Marito e moglie, con due figli piccoli, sconvolti hanno scoperto da una telefonata dei carabinieri che dietro un muro di casa c'era un cadavere.
CALCINACCI
Proprio lì, dove l'altro indagato Cosimo Mazzola stava svolgendo lavori di muratura, è stato gettato il corpo di Lamaj in un pozzo artesiano profondo venti metri e coperto «con calcinacci e altro materiale di risulta». Per far sparire ogni traccia, infine, la macchina della vittima, una Golf, è stata portata a Desio da Ignazio Marrone, che avrebbe provveduto a demolirla. Non prima di aver approfittato di una buona occasione di guadagno: ha smontato il motore e lo ha rivenduto.