Coronavirus, ecco l'app per la fase 2: come funziona e chi c'è dietro Immuni

Coronavirus, ecco l'app per la fase 2: come funziona e chi c'è dietro Immuni
di Francesco Malfetano
Venerdì 17 Aprile 2020, 18:26 - Ultimo agg. 18:27
4 Minuti di Lettura

Nè Facebook, né WhatsApp. È Immuni l’app che nei prossimi mesi avrà un ruolo determinante nelle nostre vite. Anche se il nome potrebbe essere provvisorio, si tratta infatti dell’applicazione con cui si terrà traccia dei movimenti dei contagiati da Covid19 durante la cosiddetta Fase 2. A stabilirlo, con un’ordinanza firmata giovedì, è stato il Commissario Domenico Arcuri che ha diposto di procedere «alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d'uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons Spa». Vale a dire con una azienda milanese che, in partnership con il Centro Diagnostico Santagostino di Luca Foresti e la società di marketing Jakala ha presentato il sistema di contact tracing più convincente per le istituzione italiane ed europee. Immuni soddisfa infatti i criteri approvati dall’Europa e dal Garante per la Privacy Antonello Soro: niente sistema di geolocalizzazione ma utilizzo del solo bluetooth, garanzia dell’anonimato e assoluta volontarietà. Ma come funzionerà l’applicazione? Chi c’è dietro al progetto?

FUNZIONAMENTO
L’app sarà scaricabile solo su base volontaria da parte degli utenti che, però, saranno invitati proprio dalle istituzioni a farlo. Come hanno ripetuto a più riprese gli esperti di tutti i paesi infatti, con i ricercatori dell’università di Oxford ad aprire la fila, affinché il tracciamento sia efficace sarà necessario che almeno il 60% della popolazione utilizzi il sistema. D’altronde, ad oggi, non sembrano sussistere motivi per non farlo. Le remore sulla privacy che in molti avevano avanzato fino a questo momento sembrerebbero essere state accantonate.
“Immuni” consente agli utenti di mantenere il controllo dei propri dati, senza che questi vengano condivisi con le istituzioni. I contatti avuti con altre persone vengono tracciati attraverso il Bluetooth che “aggancia” gli altri smartphone nel raggio di pochi metri con la stessa app installata senza definirne la posizione geografica. Queste informazioni sono archiviate all’interno della memoria del dispositivo su cui è installata l’app e lì vengono conservate fino a quanto le autorità sanitarie non hanno la certezza che il proprietario di quello smartphone sia risultato positivo al tampone da Coronavirus. A quel punto verrà chiesto al paziente di prestare il proprio consenso al trattamento dei dati conservati sul cellulare, permettendo - solo in quel caso - di ricostruire la sua rete di contatti nei giorni precedenti e quindi i suoi spostamenti.
Da quanto si sa fino a questo momento, ma l’app è ancora in fase di scrittura definitiva, Immuni si comporrà di due parti distinte: una sorta di registro sullo stato di salute della persone (con all’interno anche eventuale sintomatologie) e un’altra in cui viene tenuta traccia di contatti e spostamenti. In ogni caso, nessuna delle informazioni verrà utilizzata prima del consenso del paziente.
In ogni caso, prima di vedere la luce definitivamente, il software dovrebbe essere testato in alcune aree pilota. Con ogni probabilità si tratterà di intere regioni che si trovano in punti diversi nella lotta al Coronavirus.

CHI C’È DIETRO
A sviluppare l’applicazione scelta prima dalla task force del Ministero per l’Innovazione e poi dal Governo, è Bending Spoons, una società milanese il cui nome - in omaggio al film Matrix - significa “piegare cucchiai”. Il riferimento è alla scena in cui un bambino riesce a flettere una posata e indica la capacità di cambiare la quotidianità con algoritmi invisibili. Esattamente ciò che ora sono chiamati a fare. La società è nata nel 2013 in Danimarca dove i cinque soci si trovavano per studiare: quattro italiani (Luca Querella, Francesco Patarnello, Luca Ferrari e Matteo Danieli) e un polacco che poi uscirà dall’azienda. La sede iniziale infatti, figura a Copenaghen ma già nel 2014 si è spostata a Milano. Dalla Lombardia è però partita l’ascesa dell’azienda che ora è la numero uno in Europa per lo sviluppo di applicazione per iPhone e tra le prime dieci al mondo per numero di software scaricati. Si va da servizi di fotoritocco fino al salvataggio password, dal fitness ai giochi, dalle app per gli sfondi degli smartphone fino alla lettura di racconti in formato chat. I numeri sono impressionanti: una dozzina di app, circa 200 milioni di download complessivi, almeno 270mila nuovi utenti al giorno e 45,5 milioni di fatturato nel 2018. In pratica, il team composta da circa 150 persone, dalla sede di Corso Como è diventata la Cenerentola della aziende tech italiane. Ad accorgersene, la scorsa estate, è stata anche la famiglia Berlusconi che con H14 (azienda di investimento Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi) ha annunciato l’ingresso nel capitale di Bending Spoons insieme alla Nuo Capital (colosso di Hong Kong) e a StarTip (della Tamburi Investments Partners Spa).

© RIPRODUZIONE RISERVATA