Coronavirus, l'indice del contagio è in fase calante, ma lo zero è lontano

Coronavirus, l'indice del contagio è in fase calante, ma lo zero è lontano
Coronavirus, l'indice del contagio è in fase calante, ma lo zero è lontano
di Mauro Evangelisti
Domenica 5 Aprile 2020, 00:51 - Ultimo agg. 11:36
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Nel momento peggiore l’epidemia di coronavirus viaggiava tre volte più veloce di oggi. Sembrava inarrestabile e invece il Paese è riuscito a frenare, a rallentare la corsa che causava morti e affondava gli ospedali. Resta un problema: dobbiamo continuare a spingere disperatamente il pedale del freno, ma verrà il momento in cui dovremo alzare il piede e sarà la fase più delicata.

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CRISI
Questo è un modo poco scientifico per raccontare la storia dell’R con 0, questo nuovo indice che abbiamo imparato a conoscere e su cui non avremmo mai pensato di dovere ragionare fuori da aule universitarie, convegni scientifici e ospedali. Si tratta del valore che misura la velocità di diffusione di un virus.
 



Si chiama, spiegano all’Istituto Superiore di Sanità, “numero di riproduzione di base”. Quante persone può contagiare in media un singolo paziente? Bene, quando la crisi sembrava inarrestabile quel valore era a 3. Sembra un numero piccolo? Provate a partire da 1, moltiplicate per 3: 3, 9, 27, 81, 243, 729, 2.187, 6.561, 19.683, 59.049, 177.147, 531.441, 1.594.323. Rapidamente si arriva a un milione e mezzo: è la crescita esponenziale ed è quella che l’Italia ha visto, con angoscia, fino poche settimane fa.

Racconta il professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus Bio-Medico di Roma: «Indubbiamente la situazione è migliorata, non sono pessimista. Oggi l’R0 è molto vicino a 1, ci siamo quasi, vedo la curva scendere. Quando andiamo sotto a 1, l’epidemia sarà sotto controllo. Certo, per problemi economici, dopo il primo maggio le attività economiche più importanti dovranno, tra mille cautele, riaprire, ad allentare il lockdown. Ma quelli che non devono allentare la presa, che devono mantenere comportamenti virtuosi e di attenzioni, siamo noi, tutti noi cittadini. Altrimenti rischiamo un effetto rebound, un rimbalzo: abbiamo ancora molti asintomatici o pauci sintomatici, coloro che magari hanno solo un raffreddore che non sanno neppure di essere positivi, e a questi dobbiamo fare attenzione. Quando la curva sarà arrivata a zero dovremo stare almeno altre due o tre settimane se non in quarantena, comunque con misure di limitazione dei contatti». C’è un altro problema: i dati confermano che l’Italia, con sofferenza, sta rallentando la velocità del contagio. Ma cosa succederà quando saremo pronti a ripartire se attorno a noi i paesi europei vicini saranno ancora nel pieno della crisi? Ciccozzi: «Dovremo vigilare, i cittadini i quei paesi dovranno evitare per un po’ di viaggiare in Italia. Se ci sono vari incendi di dimensioni limitate in un bosco, riesci pian piano a fermarli. Ma se lasci che invece crescano e si uniscano, allora viene distrutto tutto il bosco». Prudenza è stata chiesta anche dal fisico della Sapienza, il professor Enzo Marinaro, che l’altro giorno ha spiegato: «La decrescita dei nuovi casi è ancora lenta, questo fa pensare che l’R si sia abbassato molto vicino a 1, ma di questo non siamo davvero sicuri: è difficile andare verso la riapertura se non c’è situazione stabile».

Dell’indicatore dell’R0 ha parlato anche il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e rappresentante del comitato tecnico scientifico. Locatelli è uno scienziato sempre molto cauto che pesa con puntiglio le parole: «Ci avete già sentito parlare di R con 0 che è l’indice di contagiosità. Il valore R con 1 è stato raggiunto, ma vogliamo e dobbiamo andare oltre e ridurre ancora per portarlo sotto 1 ed avere l’evidenza che la diffusione epidemica nel Paese si è quanto meno arrestata come incremento giornaliero». Chiaro, no? Il valore di R è attorno a 1, ma per potere pensare una graduale riapertura dobbiamo portarlo bel al di sotto, avvicinarlo decisamente allo zero. Siamo sulla buona strada, ma ci sarà ancora da sudare.

FASE DUE
«Per un po’ di mesi dovremo convivere con Covid-19» è l’avvertimento del professor Locatelli. Bene, ma ammettiamo che l’indice vada stabilmente sotto 1. Se torniamo alla normalità, alla socialità di prima, non c’è il rischio che quel valore risalga rapidamente? Locatelli: «Partiamo da un dato: nelle regioni del centro-sud c’è stata la capacità di tutto il sistema sanitario di contenere la crescita di numero di soggetti infetti. Non era scontato. Ma anche quando arriveremo, e oggi non è possibile fissare una data, a una riapertura graduale, dovrà esserci il senso di responsabilità di ognuno di noi, i tutti i cittadini, nei comportamenti. Visto che ogni scelta sarà comunque ponderata, non penso avremo di nuovo valori come quelli precedenti al lockdown, con l’R0 vicino a tre. Semmai ci troveremo di fronte a vari focolai locali, su cui bisognerà vigilare, per fermarli sul nascere. Ma stiamo già studiando la strategia per la cosiddetta fase 2».
 

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