Coronavirus, attività ferme e lo spettro povertà: il sud può diventare una polveriera

Coronavirus, attività ferme e lo spettro povertà: il sud può diventare una polveriera
di Andrea Bassi
Lunedì 30 Marzo 2020, 07:12 - Ultimo agg. 08:39
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La rivolta del pane. La storia, si dice, non si ripete mai. Eppure il clima che si inizia a respirare in alcune aree del Mezzogiorno somiglia molto a quello raccontato da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, quando Renzo arriva a Milano alla vigilia dell'assalto al forno delle Grucce. È qualcosa più di una sensazione se, persino i servizi di informazione, gli 007, hanno scritto una dettagliata nota inviata al Viminale per avvisare dei rischi. L'intelligence ha parlato senza mezzi termini di un «potenziale pericolo di rivolte e ribellioni, spontanee o organizzate».
A Palermo alcune persone hanno riempito i carrelli della spesa e pretendevano di non pagare. A Napoli si moltiplicano gli scippi delle buste della spesa e le vittime sono soprattutto anziani. Le sedi dell'Inps sono prese d'assalto. Ieri, intervistato da Lucia Annunziata nella trasmissione In Mezz'Ora, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha detto senza mezzi termini che «i soldi servono subito», altrimenti si creano «false aspettative» con il rischio che «il disagio diventi rabbia e la rabbia diventi violenza». Il Sud è una polveriera. Non ci sono soltanto i lavoratori forzati alla cassa integrazione dalla chiusura delle fabbriche che ancora non hanno ricevuto i soldi (il governo ha promesso che saranno erogati entro il 15 aprile). Il fuoco che cova sotto la cenere della segregazione domiciliare è un altro. E potenzialmente esplosivo. Sono i lavoratori di quella che l'Istat definisce con un eufemismo «l'economia non osservata». I lavoratori irregolari, quelli totalmente in nero, quelli che vivono di illegalità. L'ultimo rapporto dell'Istituto di statistica spiega che ci sono 3,7 milioni di persone impiegate nel sommerso e nel mondo di sotto. Che fine hanno fatto gli immigrati che fanno la questua davanti ai bar di Roma, i venditori dei panini di milza di Palermo, i piazzatori di calzini di Napoli? Come si mantengono e come si sfameranno?

I CONFRONTI
Non si tratta di poche persone. Certo, probabilmente una parte di loro è già tra i percettori del Reddito di cittadinanza e per adesso magari è sfuggita ai controlli. Ma una buona fetta è probabile che sia senza alcuna copertura. Del resto, basta confrontare i numeri ufficiali. Oggi a percepire il Reddito sono circa 1 milione di famiglie all'interno delle quali ci sono 2,5 milioni di persone. Secondo le statistiche i nuclei in povertà assoluta sono quasi 1,8 milioni per quasi 5,6 milioni di persone. Scoperti, senza mezzi di sussistenza, insomma, ci sarebbero 800 mila nuclei familiari e 2,5 milioni di soggetti. Un milione di questi sono nel Mezzogiorno. Non solo. A questo milione di persone andrebbero sommati anche i lavoratori del sommerso che non rientrano nelle statistiche della povertà (sono basate sui consumi, e chi ha un lavoro in nero è possibile che abbia consumi che lo tengano sopra la soglia di povertà). Quanta gente nei prossimi mesi avrà difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena? «Nel Mezzogiorno - dice Luca Bianchi, direttore generale della Svimez - è plausibile ipotizzare che ci possa essere più di un milione di persone in questa situazione. Penso - aggiunge - a tutti coloro che sono impiegati in quella che definisco la street economy».

NODI DA SCIOGLIERE
Basteranno i 400 milioni per i buoni spesa distribuiti dalla Protezione civile? «L'importante - spiega Antonio Decaro, presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni - è che quei soldi arrivino subito e possano essere distribuiti senza nessun laccio burocratico». I Comuni sono diventati, dopo gli ospedali, la prima linea del fronte dell'emergenza. «Non ci sono solo i pasti da distribuire - aggiunge ancora Decaro - dobbiamo far fronte ad una serie lunga di richieste. Pensi», dice, «a chi è in quarantena e non può uscire nemmeno per buttare la spazzatura.

Chi vuole che chiami? Il Comune». Una pressione crescente alla quale i sindaci devono fare fronte. Ed impedire che qualcuno, come sostengono i servizi d'informazione, possa far detonare la rabbia.

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