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CORONAVIRUS

Coronavirus Italia, «già un milione gli infettati». Lo studio che cambia i piani

Coronavirus Italia, «già un milione gli infettati». Lo studio che cambia i piani
Coronavirus Italia, «già un milione gli infettati». Lo studio che cambia i piani
di Mauro Evangelisti
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 25 Marzo 2020, 01:11 - Ultimo agg. : 11:28
5 Minuti di Lettura

La stima più prudente ipotizza che in Italia vi siano già quasi 700 mila positivi e solo in Lombardia 300 mila; quella che invece si basa su un tasso di letalità presunto arriva anche a superare il milione. «Faccia caso a un elemento - osserva il professor Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all'ospedale San Martino di Genova - non appena si fanno test a persone anche asintomatiche si trovano positivi, il virus ha circolato moltissimo. Dire 700 mila positivi è perfino prudenziale, sono molti di più». Esempio: quando le squadre di serie A fanno i tamponi ai loro calciatori ecco che trovano immediatamente più di un positivo. Così, anche il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, parla di un numero di positivi da moltiplicare per dieci, ispirandosi a una ricerca pubblicata su Science che ipotizzava dieci asintomatici sfuggiti ai controlli per ogni paziente individuato. A Vo' Euganeo (Padova), dove è stato isolato uno dei primi focolai, è stato fatto il tampone a tutti i cittadini. Il professor Andrea Crisanti ha spiegato che il 3 per cento dei cittadini era positivo, in gran parte asintomatico. Per carità, è una piccola realtà, ma calando quel dato sull'intera Lombardia, significherebbe proprio i 300.000 calcolati sulla base dello studio di Science.

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Ma partiamo dal tasso di letalità, che in Lombardia è alto in modo del tutto anomalo (13 per cento), in tutta Italia si attesta al 9,8, mentre in Germania è allo 0,4. I tedeschi hanno intercettato molti più asintomatici. Anche fissando all'1 per cento il tasso di letalità, si può ipotizzare che nel nostro Paese vi siano quanto meno 700mila positivi, cifra che raddoppia se caliamo da noi lo scenario tedesco. In altri termini: se è vero che i positivi sono molti di più di quelli che compaiono nella fotografia dei dati della protezione civile, il tasso di letalità si ridimensiona all'1,3 per cento in Lombardia, e sotto l'1 per cento in Italia. Purtroppo, parlando di grandi numeri, si tratta comunque di moltissime vittime. Postilla: in Italia sul fronte delle terapie intensive e delle ospedalizzazioni c'è una frenata, questo vorrebbe dire che stiamo cominciano a trovare anche coloro che hanno sintomi meno gravi. Secondo gli studi realizzati in Cina tra il 7 e il 15 per cento di coloro che finiscono in terapia intensiva muore, la restante parte per fortuna guarisce. Anche Massimo Galli, primario dei Malattie infettive a Milano, concorda sul fatto che in Italia ci sono dieci volte i positivi che abbiamo intercettato: «È possibile che in Lombardia ci sia una stragrande maggioranza di asintomatici, in questa area geografica c'è una parte enorme di persone infettate». Per Pierluigi Lopalco, esperto e consulente per la Regione Puglia i positivi asintomatici sono almeno mezzo milione.

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Bene, ma questo ci dice che dovremo presto cambiare strategia? Replica il professor Matteo Bassetti dell'Ospedale di Genova: «Io metto insieme la pancia del medico che riceve moltissime telefonate di persone che hanno lievi sintomi compatibili con questa infezione, le piccole coorti come le squadre di calcio e si scopre che fino al 30 per cento è positivo, i dati dei sud-coreani che ci dicono che il 30 per cento dei giovani sotto i 40 anni è risultato positivo: è evidente che almeno al nord abbiamo molti più casi di quelli che finiscono in ospedale. Vanno moltiplicati per dieci, ma forse anche per un numero perfino più alto. Supereremo ampiamente la Cina». Questo cosa significa? «La diffusione è così capillare che contene il virus è sempre più difficile. Le misure messe in pratica sono fantastiche e vanno rispettate, ma bisogna ancora capire quali frutti daranno. Sappiamo che questa è una infezione bruttissima in una porzione limitata della popolazione, sta mettendo seriamente a rischio il nostro sistema sanitario, perché quello che normalmente si spalma in sei mesi, si è concentrato in un mese. È un'onda altissima. Ma con i numeri corretti il tasso di letalità si ridimensiona e se chi è stato contagiato diventa immune, saremo più tranquilli. Il problema è che su questo non abbiamo certezze, è probabile ma non siamo sicuri. Stiamo iniziando ora a fare test sierologici».

Sintesi: oggi è giusto combattere, restando in casa, per abbassare la curva dei nuovi contagi, ma presto dovremo comunque pensare una nuova strategia se i positivi sono già fino a un milione. Possibile che si vada verso una riapertura graduale del Paese, che punti a rafforzare il sistema sanitario, a proteggere i più anziani, per i quali il tasso di letalità arriva al 15 per cento (sopra gli 80 anni), chiedendo loro di restare a casa, offrendo assistenza mirata a domicilio. «Qualsiasi strategia - osserva Bassetti - va concordata tra i tutti paesi dell'Unione europea, altrimenti è inutile».
 

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