Coronavirus, l'epidemiologa: «Al Nord fase iniziale gestita male. Il Lazio tiene, al Sud peseranno i rientri»

Coronavirus, l'epidemiologa: «Al Nord gestita male la fase iniziale. Il Lazio tiene, al Sud peseranno i rientri»
Coronavirus, l'epidemiologa: «Al Nord gestita male la fase iniziale. Il Lazio tiene, al Sud peseranno i rientri»
di Michela Allegri
Giovedì 19 Marzo 2020, 09:11 - Ultimo agg. 17:22
4 Minuti di Lettura

Una sottovalutazione iniziale della problematica al Nord, le misure contenitive arrivate in leggero ritardo, ma anche i modelli virtuosi di organizzazione per fronteggiare l'emergenza Coronavirus e le previsioni su quando si potrà capire se i divieti imposti dai decreti di governo stiano funzionando. La professoressa Stefania Boccia, ordinaria di Igiene generale all'Università Cattolica del Sacro Cuore, esperta di epidemiologia, spiega quali siano state dal Nord al Sud Italia le problematiche nella gestione della crisi sanitaria e quali provvedimenti siano stati presi.

Coronavirus Lombardia, sistema in crisi: «Non possiamo più curare tutti»

Professoressa Boccia, analizzando la diffusione del Coronavirus in Italia è possibile ricostruire perché le regioni del Nord sono più colpite e fare previsioni?
«Questa epidemia, come tutte le epidemie, nasce in un luogo e in un tempo non prevedibile. In un momento in cui si pensava che l'emergenza fosse confinata in Cina, si è sottovalutata la diffusione del virus in altri Paesi. Dagli studi è emerso che l'ipotesi più probabile è che il primo paziente del Nord, nel lodigiano, si sia infettato in Germania alla fine di gennaio, quando non si pensava ci potessero già essere focolai europei provenienti dalla Cina. Ma il problema è stato anche un altro: al Nord quello che è successo è che le prime malattie sono state diagnosticate con lieve ritardo e grazie ad eventi fortuiti, proprio perché c'è stata una prima sottovalutazione generale del problema».

Quali sono oggi le conseguenze?
«La persona infettata, e che aveva già sviluppato una chiara sintomatologia, si è recata più volte al pronto soccorso, contagiando operatorie sanitari e altri pazienti. In quei giorni tutti pensavano che il problema fosse confinato in Cina e il paziente 1 non è stato riconosciuto come tale. Nessuno ha immaginato per tempo che un giovane italiano potesse avere contratto il virus. Oltretutto non c'erano ancora divieti e misure di contenimento, questa persona non sapeva di non potersi recare al pronto soccorso, non c'erano ancora raccomandazioni. Nelle settimane successive è esploso il primo focolaio, ma i primi contenimenti disposti al Nord hanno funzionato».

E come mai c'è stata una diffusione così vistosa?
«Perché molte persone, prima delle raccomandazioni, hanno ovviamente continuato a viaggiare, a spostarsi, soprattutto in regioni come la Lombardia che sono poli industriali. Probabilmente c'erano più focolai, probabilmente molte altre persone si erano recate in Germania o in paesi limitrofi, ma non sapevano di essersi infettate, perché inizialmente asintomatiche. Le regioni del Nord sono state penalizzate e oggi si trovano in una situazione critica perché non hanno potuto prendere subito le precauzioni imposte dai decreti».

Come mai il Centro e il Sud sono meno colpiti?
«È stata la zona meno interessata, evidentemente, da viaggi che hanno implicato contatti con persone contagiate. Si tratta anche di fattori fortuiti. Ma va anche detto che probabilmente nel Centro Italia, anche a Roma, c'è stata una consapevolezza superiore dei rischi e c'è stato anche un maggiore timore. C'è stata più attenzione, dovuta al fatto che proprio a Roma è emerso abbastanza presto il caso dei due turisti cinesi contagiati. Se tutti stanno rispettando le misure di contenimento è statisticamente difficilissimo che in queste regioni si raggiungano i numeri del Nord Italia. Anche considerando chi è fuggito dalle prime zone rosse verso il Sud. È però fondamentale che la gente non pensi che, una volta che i numeri del contagio inizieranno a scendere, sarà possibile subito riprendere la vita di prima».

Quali sono le regioni che si stanno organizzando meglio?
«Bisogna dire che non tutte le regioni sono organizzate e non tutte sono preparate agli scenari peggiori. Al ministero è stata istituita un'unità di crisi che si occupa di fare proprio questo monitoraggio. Lo scopo è capire quali siano i modelli organizzativi più efficienti in modo da esportarli nelle regioni meno attrezzate, soprattutto in quelle del Sud. Per ora la Regione Lazio è uno dei modelli più virtuosi: c'è stato il tempo di attrezzarsi nel migliore dei modi. Il Covid hospital al Columbus è stato realizzato in tempi record, sono stati liberati molti posti letto e si sta lavorando velocemente per l'emergenza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA