Covid, con la crisi del commercio boom dell’usura: ma c’è paura a denunciare Le testimonianze

Covid, con la crisi del commercio boom dell’usura: ma c’è paura a denunciare Le testimonianze
Covid, con la crisi del commercio boom dell’usura: ma c’è paura a denunciare Le testimonianze
Venerdì 16 Ottobre 2020, 10:53 - Ultimo agg. 12:29
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L'emergenza sanitaria diventa anche economica e l’esposizione finanziaria di famiglie e imprese accresce gli affari degli usurai di quartiere e del crimine organizzato specializzato, che non vuole più la restituzione degli interessi ma mira alla cessione dell’attività stessa. Il Viminale, nei primi tre mesi dell’anno, ha registrato un aumento del 9 per cento dei reati di usura rispetto allo stesso periodo del 2019, ma la vera impennata, secondo gli esperti, arriverà nei prossimi mesi. Intanto sono raddoppiati, a livello nazionale, i sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza derivati da operazioni d’usura. Il generale Giuseppe Zafarana lo ha ricordato, ieri, davanti alla commissione finanze in Senato, ribadendo l’allarme già lanciato.

Roma, prestiti a usura: bar e ristoranti in crisi nelle mani degli sciacalli del Covid-19


Secondo Confcommercio sono circa 40mila le imprese a rischio usura in Italia e sei milioni le famiglie che hanno accumulato debiti a cui fanno sempre più fatica a fare fronte.

Solo a Roma i commercianti a rischio usura sono quattromila, la maggior parte nel Centro, svuotato di uffici e di turisti. Qui dall’inizio dell’anno, le denunce per usura sono state 11. Proprio ieri mattina la Squadra Mobile della Questura ha arrestato 6 persone, tra queste anche un ottantenne e un autista di scuolabus, che avevano trasformato due Caf, al Portuense e a Fiumicino, in basi operative. Undici è un numero di per sé esiguo ma pur «in aumento rispetto al 2019, e in un contesto in cui tutti gli altri reati, visti i mesi di lockdown, sono diminuiti», aveva spiegato pochi giorni fa il neo-prefetto della Capitale, Matteo Piantedosi, disponendo il rafforzamento e la riunione immediata della task-force del Gruppo ispettivo interforze su riciclaggio e usura. 


«Ai vecchi “cravattari” - rileva Gianpiero Cioffredi, a capo dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità nel Lazio - si stanno via via sostituendo bande del crimine organizzato pronte a offrire liquidità. Con l’emergenza Covid stanno accorciando anche i tempi: non aspettano più che gli imprenditori in difficoltà si rivolgano a loro, ma si propongono essi stessi come acquirenti, a prezzi stracciati, però, umilianti per chi ha investito risparmi e sacrifici di una vita, con cifre che equivalgono a malapena a un terzo del reale valore dell’attività». E chissà mai se poi alle somme pattuite in quelle procure a vendere (o prestiti simulati) daranno effettivamente onore. 


UNO TSUNAMI
«Se la situazione dovesse precipitare - incalza Cioffredi - le mafie avrebbero gioco fin troppo facile per conquistarsi il tessuto economico della città: sarebbe uno tsunami». Bar, ristoranti, negozi, palestre, centri estetici: la lista dei beni a perdere è lunga. Attività fagocitate, vite stravolte. È di luglio la notizia choc riportata dal presidente della Camera di Commercio di Caserta: figli lasciati in pegno a lavorare in nero per gli usurai e pagare, così, i debiti contratti dalla famiglia. I numeri parlano anche di 5.992 operazioni finanziarie sospette effettuate solo a Roma e segnalate in questi mesi alla Banca d’Italia, a fronte di 4.217 in tutto il 2019. Eppure altri numeri, quelli delle denunce, di chi si espone, di chi “riconosce” l’usuraio, sebbene in crescita, restano molto bassi. Le denunce, poi, che approdano in Procura sono pochissime. «Ma l’unico modo - dice l’avvocato Luigi Ciatti, dell’Ambulatorio antiusura onlus del Lazio - per spezzare la catena e riavere indietro la propria vita è denunciare l’usuraio. Al nostro ambulatorio i contatti sono aumentati del 30% tra marzo e aprile, all’inizio dell’emergenza Coronavirus e da luglio del 50%. Quest’anno sono già 11 le persone che hanno denunciato e hanno ottenuto il sussidio immediato fino a 20mila euro erogato dalla Regione, prima non erano più di 4 o 5. Chi denuncia non viene abbandonato, anzi». Per Lucia Brandi, della Fai Agisa Onlus antiusura che opera nel VII Municipio di Roma, quello dei Casamonica per intenderci, «molte richieste di aiuto sono camuffate dal sovraindebitamento economico. Difficilmente la vittima ammette l’usura e chi denuncia lo fa perché è all’anticamera della canna del gas». Maurizio Fiasco, storico studioso del fenomeno e consulente della Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, avverte: «L’area delle famiglie in condizione tecnica di fallimento è passata da 2 milioni dello scorso anno a 6 milioni in questi ultimi mesi di Covid. L’usura è un fenomeno che si conosce benissimo. Non bisogna aspettare che le vittime varchino le soglie di commissariati o caserme, ma arrivare a loro con una rete sociale interforze». 
Alessia Marani
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LE INTERVISTE

Simone, 53 anni.

«Mi hanno massacrato di botte
ed erano legati ai Casamonica»

«Quando per un mese non sono riuscito a rientrare del debito perché era morta mia madre, gli strozzini si sono presentati a casa perché non ci credevano e le hanno dato anche un bacio sul letto di morte. Poi nel giorno in cui ero riuscito a mettere insieme la cifra, mi hanno dato appuntamento e si sono portati dietro dei pugili che mi hanno massacrato». Simone, lo chiameremo così, ha 53 anni e in mano agli usurai ci è finito quando le attività di noleggio video che gestiva in diversi quartieri della Capitale sono entrate in crisi anche per l’emergenza del Covid. «Uno dei miei clienti - racconta oggi - capendo la difficoltà mi ha offerto del denaro e io ho accettato. Mi hanno massacrato di botte, minacciando le mie figlie di fronte a scuola. Prima di trovare il coraggio di denunciare a fronte di un prestito di 90 mila euro ho dovuto rimetterne 450 mila, poi quando li hanno arrestati ho scoperto che erano legati a famiglie come quella dei Casamonica e dei Casalesi».
(Camilla Mozzetti)

Alberto, 42 anni

«Diecimila euro e interessi al 15%
un mese per cadere nel baratro»

È stato costretto a trasferirsi al Nord Italia perché la sua attività commerciale è stata rasa al suolo degli usurai. Alberto (nome di fantasia), 42 anni, ci ha rimesso anche in salute: «L’arco dentale distrutto durante un pestaggio, un matrimonio fallito e una figlia che ha avuto enormi problemi». Vendeva biancheria e detersivi per la casa e un giorno, nel pieno dell’emergenza sanitaria, nel bar di fronte alla sua attività il cassiere gli ha detto: «Se hai bisogno di denaro ti metto in contatto con chi ti può dare una mano». Poi si è scoperto che l’usuraio «era il proprietario del bar». Per rientrare dei debiti Mario è stato più volte picchiato: «Per noi sei carne morta, mi dicevano mentre mi picchiavano». «All’inizio mi hanno prestato 10 mila euro con interessi al 15% ed è bastato tardare un mese per cadere nel buio». I suoi aguzzini sono stati arrestati, padre e figlio titolari del bar, ma Alberto è stato costretto a cambiare città.
(Camilla  Mozzetti)

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