La notizia della positività al coronavirus, è stata quasi una liberazione. Per Luigi Cerciello, 27enne di Somma Vesuviana, l’incubo non è ancora finito, ma aver accertato il Covid-19, dopo due settimane di dolori, febbre alta e tamponi negativi, gli ha consentito finalmente di avere accesso alle cure necessarie. Tra pochi giorni sarà trascorso un mese dal primo ricovero ma la lotta contro il virus non è finita.
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Luigi, la sua storia è anomala. Lei non risultava positivo al Covid?
«Esatto. I primi tre tamponi a cui sono stato sottoposto, hanno dato tutti esito negativo. È accaduto più di 20 giorni fa, quando ho cominciato ad accusare febbre, dolori e una sensazione di bruciore ai polmoni. Il medico di base mi ha sottoposto a terapia antibiotica, e alle procedure dei tamponi, ma le mie condizioni si sono aggravate sempre di più fino a quando sono stato soccorso dal 118 e ricoverato all’ospedale di Nola. In quel presidio non avevano un reparto Covid e, in ogni caso, la mia negatività non richiedeva una struttura specializzata. Nonostante questo, i sanitari mi hanno isolato e sottoposto ad altri tamponi».
Che esito hanno dato i nuovi test?
«Il primo tampone ospedaliero ha dato nuovamente esito negativo. Nel frattempo, però, la mia sintomatologia peggiorava giorno dopo giorno, con febbre alta, dolori in tutto il corpo e perfino crisi respiratorie che hanno reso necessaria la ventilazione assistita. Finalmente, il secondo tampone effettuato in ospedale a Nola, ha accertato la mia positività e, di conseguenza, ha permesso il mio trasferimento all’ospedale civile di Maddaloni, nel reparto Covid. Ho eseguito 5 tamponi rinofaringei per scoprire che ero stato contagiato».
Lei è ancora in ospedale a Maddaloni, come va ora?
«Sono quasi 25 giorni di vita ospedaliera, a cominciare dal primo ricovero di 8 giorni a Nola, e solo ora comincio a respirare senza troppa fatica. Da 48 ore, mi hanno tolto l’ossigeno e sono diventato più autonomo, ma ho sofferto molto, sia fisicamente che psicologicamente. Ricordo le tante flebo e le iniezioni del farmaco per l’artrite reumatoide, ma devo dire che i sanitari sono eccezionali: mi ha colpito vedere soffrire anche loro per noi. Le settimane più dolorose sono state quando non riuscivo a respirare da solo, avevo anche le allucinazioni. No, non ho mai sofferto di alcuna patologia».
Lei non è l’unico caso positivo in famiglia. Può raccontarci come stanno gli altri?
«Sono molto preoccupato per mio padre che è ricoverato all’ospedale Cardarelli: è intubato. Anche lui sta lottando contro il coronavirus e il mio pensiero è costantemente rivolto a lui. Lo abbiamo portato in ospedale, dopo alcuni giorni a casa durante i quali non scendeva mai la febbre: è stata l’ultima volta che l’ho visto. Mia madre e mia sorella, per fortuna, pur risultando positive sono asintomatiche e con loro, riesco a parlare ogni giorno. Una cosa è certa: ci siamo praticamente barricati in casa e facevamo molta attenzione, solo mio padre ha proseguito a lavorare perché il suo reparto, alla Fiat di Pomigliano, è stato fra gli ultimi a chiudere ma utilizzavano le protezioni».
Ha paura?
«Ho avuto realmente paura di morire un paio di volte, durante le crisi respiratorie.
Coronavirus a Napoli: «Odissea tamponi, io positivo dopo 15 giorni tra dolori e febbre alta»
di Melina Chiapparino
Giovedì 16 Aprile 2020, 23:05
- Ultimo agg.
17 Aprile, 10:31
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Adesso sono più sereno ma preoccupato per papà. Vorrei gridare a tutti di stare attenti, e di rispettare le regole, anche i giovani, perché nessuno è immune da questo incubo con il quale sto ancora lottando. Per il resto, mi manca la mia vita e i miei cani. Sono un volontario dell’associazione “Adv - Diamo una Zampa” e la mia passione è aiutare gli animali, perciò quando tutto sarà finito continuerò a impegnarmi per realizzare il mio sogno: lavorare con gli animali e continuare a salvarli dalla strada».
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