Crotone, furti d'arte: sgominata gang internazionale. 23 “tombaroli” arrestati grazie alle riprese aeree di un drone

Crotone, furti d'arte: sgominata gang internazionale. 23 “tombaroli” arrestati grazie alle riprese aeree di un drone
di Mario Meliadò
Lunedì 18 Novembre 2019, 23:20 - Ultimo agg. 23:22
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Ottanta soggetti sotto inchiesta, 23 arresti (due persone finite in carcere, gli altri ai domiciliari), perquisizioni in mezz'Europa: questo il “bottino” di un’operazione denominata “Achei" non certo per casodai carabinieri delTpc, ossia il nucleo di Tutela del Patrimonio culturale,di Cosenza.



Coordinati dalla Procura di Crotone guidata da Giuseppe Capoccia, più di 350 uomini dell'Arma hanno inferto un colpo micidiale a una gang di “tombaroli” con base operativa nella città di Pitagora, al punto che gli investigatori la definiscono Criminalità archeologica crotonese; epperò con nervature internazionali di rilievo

Ricettazione ed esportazione illecita (un “classico", specie invaso di furti d'arte su commissione) i reati contestati ai componenti di un sofisticato network delinquenziale con terminali efficientissimi da Bolzano a Matera, da Milano a Perugia fino a Reggio Calabria, così come in Francia e Germania, Serbia e Regno Unito; ma pure danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato e impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato.



Le attività investigative della Benemerita si sono dispiegate per oltre un anno – dal maggio 2017 al luglio 2018 -, fino a mettere in chiaro un’attività fortemente incentrata nella gemma balneare crotonese di Isola Capo Rizzuto, i cui “graduati" sarebbero due conoscitori esperti dei “tesori" archeologici dell'area: un 59enne di Cirò Marina, Giorgio Salvatore Pucci, e un 30enne di Scandale, Alessandro Giovinazzi.

Gli scavi clandestini – fuorilegge, chiaramente - alla ricerca di tesori nascosti erano quotidiani.

Tra i particolari più singolari dell’operazione “Achei”, le modalità tramite le quali i militari hanno scoperto le operazioni clandestine di scavo «con inaudita violenza», addirittura mediante un escavatore e con tanto di metal detector per sondare quanto custodito nel sottosuolo: gli arresti in flagranza di reato sono scattati – e gli archeotesori sono stati preservati – soprattutto grazie a un drone, in grado di sorvolare i luoghi teatro dell’azione e documentare l’intera inaudita scena, filmandola.

Fittissima, poi, la rete di ricettatori a disposizione del “cartello” di archeocriminali, tutti ben consapevoli della necessità di «parlare poco» per non tradirsi anche in relazione a possibili captazioni ambientali o telefoniche, sicché i preziosi reperti della Magna Grecia trafugati e pronti a essere “piazzati” in questo o quell’angolo del mondo, nelle conversazioni degli sciagurati sodali, diventavano una «motosega» da rivendere o degli «asparagi» appena raccolti.

E in questo senso, ha evidenziato con forza il procuratore crotonese Capoccia, bisogna essere grati allo spirito collaborativo e alla perizia di Europol, che ha visto tra gli inquirenti davanti ai cronisti anche Miguel Villanueva, ed Eurojust – un cui magistrato, Teresa Magno, ha preso parte alla conferenza stampa del mattino in collegamento dalla sede de L’Aja – , solleciti ed efficienti nel consentire perquisizione in quattro Stati europei diversi dall’Italia.

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