Rapina al figlio di Salvini, arrestati due giovani egiziani. «Riconosciuti dalla vittima, uno faceva da palo»

Rapina al figlio di Salvini, arrestati due giovani egiziani. «Riconosciuti dalla vittima, uno faceva da palo»
Rapina al figlio di Salvini, arrestati due giovani egiziani. «Riconosciuti dalla vittima, uno faceva da palo»
Giovedì 5 Gennaio 2023, 17:44 - Ultimo agg. 19:21
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Potrebbe essere stato già risolto il caso della rapina ai danni di Federico Salvini, il figlio 19enne del leader della Lega Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture nel governo guidato da Giorgia Meloni. La Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Milano, ha arrestato due persone con l'accusa di aver rapinato il ragazzo rubandogli il cellulare dopo averlo minacciato con un coccio di bottiglia.

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Gli arrestati sono due giovani di origini egiziane, rispettivamente di 21 e 26 anni: lo scorso 23 dicembre sarebbero stati loro ad aggredire il figlio di Salvini in via Jacopo Palma, a Milano. L'ordinanza è stata firmata dal gip Domenico Santoro su richiesta del pm Barbara Benzi.

Il 21enne è stato riconosciuto dalla vittima come autore materiale della rapina, mentre il complice, secondo la ricostruzione, è stato individuato come colui che avrebbe fatto da 'palo'. 

 

Il gip: pericolosi e recidivi

Pericolosi e recidivi. È la descrizione che il gip di Milano Domenico Santoro rende dei due giovani, di 21 e 26 anni, di origine egiziana arrestati con l'accusa di rapina aggravata ai danni di Federico Salvini, figlio 19enne del ministro e vicepremier Matteo. Nell'ordinanza si accoglie la tesi del pm Barbara Benzi e si ricostruisce quanto accaduto la sera del 23 dicembre scorso quando la vittima viene avvicinata in via Jacopo Palma con la scusa di una sigaretta, quindi minacciata dal 21enne - armato di un coccio di bottiglia - che lo costringe a consegnargli il cellulare e i soldi, circa 200 euro, che aveva nel portafoglio. Inutile il tentativo di Federico Salvini di rincorrere i due stranieri, pregiudicati e non in regola sul territorio italiano.

Le immagini delle telecamere, il racconto di un parrucchiere dove i due presunti rapinatori nascondono il telefono che cercano di recuperare il giorno successivo, e il riconoscimento fatto dalla stessa vittima - il 21enne è stato riconosciuto come autore materiale della rapina, mentre il complice avrebbe fatto da 'palò - sono gli elementi su cui si regge la richiesta di misura cautelare in carcere. Nelle esigenze cautelari si sottolinea come «le specifiche modalità e circostanze dei fatti» risultano «particolarmente allarmanti, alla luce della gravità dell'azione predatoria (posta in essere, previa adeguata individuazione della vittima, con preordinazione, in concorso fra i due indiziati, in orario serale, con l'uso di un'arma impropria e con il successivo occultamento del corpo del reato al fine di sviare le immediate ricerche elementi, tutti, che denotano professionalità in simili condotte); del verosimile inserimento degli indagati in un più ampio ed organizzato contesto» e per la «negativa personalità degli indiziati».

Per i due indagati sussiste il concreto pericolo di fuga, evidenziato «dall'elevata capacità di movimento palesata» oltre che di reiterazione del reato. Il carcere appare dunque l'unica possibilità per il gip «considerate l'assoluta gravità dei fatti e negativa personalità degli indiziati», ogni altra possibilità «non si paleserebbe in grado di infrenarne la pericolosità (resa evidente dall'assenza di capacità di autocontrollo, che si desume dalle connotazioni violente delle condotte tenute)» ma anche dal curriculum degli arrestati: il più giovane vanta già pregresse esperienze giudiziarie e il 26enne in passato ha sistematicamente violato la misura a cui era sottoposto.

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