Maternità surrogata, la Consulta: «Tutelare i minori. Andare oltre le attuali forme di adozione»

Maternità surrogata, la Consulta: «Tutelare i minori. Andare oltre le attuali forme di adozione»
Maternità surrogata, la Consulta: «Tutelare i minori. Andare oltre le attuali forme di adozione»
Martedì 9 Marzo 2021, 13:56 - Ultimo agg. 17:24
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È necessario tutelare i figli nati da maternità surrogataoccorre un riconoscimento giuridico per entrambi i componenti della coppia. È quello che si legge nelle motivazioni della sentenza n. 33, con cui la Consulta oggi ha deciso la questione di legittimità costituzionale. Una questione sollevata dalla Cassazione sull'impossibilità di riconoscere in Italia una sentenza data all'estero sull'attribuzione genitoriale a due uomini italiani uniti civilmente, che abbiano fatto ricorso alla maternità surrogata. I due, che hanno voluto la nascita e hanno poi accudito il bambino, esercitano di fatto la responsabilità genitoriale.

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La necessità

La Corte, in particolare, ha dichiarato inammissibile la questione. Ma ha sottolineato la necessità di un intervento dello Stato per porre rimedio alla tutela, di fatto insufficiente, degli interessi del minore. La vicenda oggetto del procedimento principale riguardava un bambino nato nel 2015 in Canada da una donna nel cui utero era stato impiantato un embrione formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana.

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Quest'ultimo si era sposato in Canada - con un atto poi trascritto in Italia nel registro delle unioni civili - con un altro uomo. Anche lui italiano, con il quale aveva condiviso il progetto genitoriale. In forza di una sentenza canadese, quindi, il bambino era stato iscritto come figlio di entrambi gli uomini nel registro locale dello stato civile.

I due uomini chiedono ora il riconoscimento dell'efficacia di tale sentenza nel nostro ordinamento.

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Andare oltre

L'obiettivo è andare oltre le attuali forme di adozione per assicurare la «piena tutela degli interessi del minore» nato da due papà. Nella sentenza la Consulta ha anzitutto ribadito che il divieto di ricorrere alla pratica della maternità surrogata rimane, perché risponde alla tutela della dignità della donna e mira anche ad evitare i rischi di sfruttamento di chi è particolarmente vulnerabile perché vive in situazioni sociali ed economiche disagiate.

Tuttavia la Corte ha sottolineato che la questione sottoposta è focalizzata sui «migliori interessi» del bambino nei suoi rapporti con la coppia che abbia condiviso il percorso, in un Paese in cui la maternità surrogata è lecita, dal concepimento fino al suo trasferimento in Italia. Dove la coppia accudisce il bambino. In questa particolare condizione - ha osservato la Corte - l'interesse del minore è quello di «ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, ovviamente senza che ciò abbia implicazioni quanto agli eventuali rapporti giuridici tra il bambino e la madre surrogata», si legge.

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Secondo la Corte questi legami sono parte della stessa identità del minore, che vive e cresce nell'ambito di una determinata comunità di affetti, anche se strutturati su una coppia composta da persone dello stesso sesso. Infatti l'orientamento sessuale - di per sé - non incide sull'idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale. Inoltre il bambino ha un evidente interesse a vedere affermata in capo a costoro i doveri inscindibilmente legati all'esercizio della responsabilità genitoriale e ai quali non è pensabile sottrarsi "ad libitum".

Gli interessi del bambino

D'altra parte, la Corte ha riconosciuto che gli interessi del bambino possono coincidere con il disincentivare la pratica della maternità surrogata, che è vietata in Italia. La stessa Corte europea dei diritti dell'uomo non impone l'automatico riconoscimento di eventuali provvedimenti giudiziari stranieri di riconoscimento della doppia genitorialità ai componenti della coppia (eterosessuale od omosessuale) che abbia fatto ricorso all'estero alla maternità surrogata.

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In questo caso, tuttavia, occorre assicurare la tutela degli interessi del bambino al riconoscimento del suo rapporto giuridico anche con il genitore «intenzionale». E questo è possibile «attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia stata accertata in concreto la corrispondenza agli interessi del bambino».

La genitorialità

In proposito, la Corte ha evidenziato che il ricorso all'adozione in casi particolari, previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera d) della legge n 184 del 1983 e già considerato praticabile dalla Cassazione, «costituisce una forma di tutela degli interessi del minore certo significativa, ma ancora non del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali». L'adozione di casi particolari (la cosiddetta «adozione non legittimante») non attribuisce, infatti, la genitorialità a chi adotta.

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I dubbi

Non è chiaro, inoltre, se questa forma di affidamento istituisca rapporti di parentela tra l'adottato e coloro che quest'ultimo percepisce socialmente come i propri nonni, zii, o addirittura fratelli e sorelle. Infine, questa forma di adozione resta comunque subordinata all'assenso del genitore «biologico», che potrebbe anche mancare in caso di crisi della coppia. In conclusione, lo Stato dovrà farsi carico di una disciplina che assicuri una piena tutela degli interessi del minore, in modo più aderente alle peculiarità della situazione, che sono assai diverse da quelle dell'adozione «non legittimante»

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