Funivia Mottarone, Tadini al gip: «Forchettone già usato altre volte». Gestore e direttore: «Fu una sua scelta scellerata»

Funivia Mottarone, Tadini: ««Voglio i domiciliari, non la libertà. Non sono un delinquente»
Funivia Mottarone, Tadini: ««Voglio i domiciliari, non la libertà. Non sono un delinquente»
Sabato 29 Maggio 2021, 12:58 - Ultimo agg. 19 Febbraio, 11:56
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«Voglio i domiciliari, non la libertà»La difesa di Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, ha chiesto al gip, al termine dell'interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non di tornare in libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. Per contenere le esigenze cautelari, per la difesa, bastano i domiciliari.

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Interrogato questa mattina nel carcere di Verbania dal gip Donatella Banci Buonamici, Tadini ha ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. Difeso dall'avvocato Marcello Perillo, l'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune.  «Non sono un delinquente.

Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse». Il legale ha precisato che Tadini ha risposto «in maniera compiuta» all'interrogatorio approfondito del gip, ma il difensore non ha voluto parlare delle eventuali chiamate «in correità» che potrebbe aver fatto il tecnico. Tadini già nel primo verbale davanti ai pm aveva chiarito che la scelta di mettere i forchettoni ai freni, che andava avanti da tempo per il problema che si stava manifestando da oltre un mese, era stata avallata dal gestore, Luigi Nerini, e dal direttore di esercizio, Enrico Perocchio. Dopo gli interrogatori degli altri due fermati, che sono in corso, «il giudice - ha detto l'avvocato - ci convocherà qua nel pomeriggio per la decisione». Il legale ha detto che Tadini davanti al gip ha sì ammesso l'uso dei blocchi alle ganasce del sistema frenante, ma si è «difeso sull'attività da lui svolta», soprattutto sul punto che non poteva sapere che la fune si sarebbe spezzata. Il problema «manifestato dalla centralina della pompa frenante» che bloccava la funivia, ha detto Tadini, «non è collegato assolutamente a quello della fune». La difesa ha fatto presente di aver contestato l'accusa di falso, imputata a Tadini assieme all'omissione dolosa aggravata dal disastro e all'omicidio e alle lesioni colpose, perché «lui non è pubblico ufficiale». Il falso riguarda la compilazione con «esito positivo dei controlli» nel «registro giornale» anche il giorno stesso della tragedia, malgrado sentisse dei «rumori». È distrutto, ha concluso il legale, «è banale e scontato dire che si scusa, sono morte persone innocenti».

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«Porterò il peso per tutta la vita, sono distrutto perché sono morte vittime innocenti». Avrebbe detto in sostanza Tadini stando a quanto spiegato fuori dal carcere di Verbania dal legale Marcello Perillo. «Sono quattro giorni che non mangia e non dorme», ha aggiunto il difensore.

 

Perocchio nega le accuse: «Non sapevo dei forchettoni»

«Non sapevo dell'uso dei forchettoni, non ne ero consapevole»: lo ha detto al gip del tribunale di Verbania il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. L'uomo ha dunque negato quanto sostenuto da Gabriele Tadini, interrogato in precedenza, e cioè che fosse al corrente dell'uso dei forchettoni per bloccare il freno di emergenza che entrava in funzione a causa delle anomalie dell'impianto. - «Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini».

Il gestore Nerini: «Non potevo fermare io la funivia»

«La sicurezza non è affare dell'esercente», ha detto invece al gip di Verbania Luigi Nerini, gestore della funivia del Mottarone, secondo quanto riferito dal suo legale, l'avvocato Pasquale Pantano. «Per legge erano Tadini e Perocchi a doversene occupare», ha aggiunto. Nerini ha spiegato che lui si deve occupare degli «affari della società» e che «non aveva nessun interesse a non riparare la funivia». Poi ha sottolineato: «Non potevo fermare io la funivia». Non era lui, infatti, stando alla versione di Nerini, a doversi occupare dei problemi di sicurezza dell'impianto. «Smettetela di dire che ha risparmiato sulla sicurezza», ha spiegato il suo avvocato.

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