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Ischia, la "villa sospesa". Il proprietario: «La nostra notte da incubo in bilico sullo strapiombo»

Il proprietario della villa di Casamicciola, rimasta sospesa sul vuoto: «Come un film, ho urlato per fare uscire la mia famiglia»

Ischia, la "villa sospesa". Il proprietario: «La nostra notte da incubo in bilico sullo strapiombo»
Ischia, la "villa sospesa". Il proprietario: «La nostra notte da incubo in bilico sullo strapiombo»
di Valeria Arnaldi
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 28 Novembre 2022, 01:20 - Ultimo agg. : 29 Novembre, 09:13
4 Minuti di Lettura

 Il maltempo incessante. La luce che si spegne all’improvviso. Poi, un rumore sordo, diverso da quelli di vento e tuoni, anzi diverso da qualsiasi altro. E il terreno che comincia a smottare. È un racconto drammatico quello che Enzo Botta, che da anni vive a Casamicciola in una villetta a due piani con la moglie e tre figli, fa della frana che, sabato mattina, ha trasformato l’isola di Ischia in uno scenario da incubo: «È stato surreale, sembrava un film, davanti a me non c’era più nulla». La villetta, rimasta quasi sospesa su un terrazzamento ormai sparito del monte Epomeo, è diventata una delle immagini simbolo della tragedia. «Alle cinque e un quarto ero già in piedi preoccupato per il maltempo - dice Botta - era andata via la corrente e solo dopo ho cominciato a sentire un rumore che gradualmente aumentava, così ho chiamato tutti e gli ho detto di scendere nel viale o almeno in quel poco che restava del viale». È stata forse proprio quella sottile preoccupazione, che lo ha fatto alzare anzitempo, a permettergli di sopravvivere e salvare la famiglia. Ha strillato, ha svegliato la moglie e i figli di 12, 21, 24 anni e li ha fatti scappare prima ancora che potessero rendersi pienamente conto di quello che stava accadendo. Nei pochi minuti necessari per uscire da casa, ha chiamato i carabinieri: «Veniteci a prendere, qui frana tutto». Immediato l’avvio dell’intervento, «ma i soccorsi erano difficili e non riuscivano a raggiungerci». 

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L’ATTESA

Sono trascorse due ore. Un tempo pressoché infinito sotto la pioggia battente, gli uni accanto agli altri per tenersi caldo e farsi vicendevolmente forza, mentre la terra intorno si trasformava in un fiume di fango. Nella testimonianza di Botta rivivono tutte le emozioni di quei momenti, dall’incredulità iniziale al terrore, fino alla disperazione nell’attesa dei soccorsi e al conforto del loro arrivo, impossibile da definire «gioia» nell’orrore di ciò che accadeva intorno: strade diventate fiumi di fango, auto trascinate via da acqua e terra e un abisso apertosi improvvisamente davanti ai suoi occhi. «Ci siamo stretti restando uniti, intanto vedevo il vuoto attorno a me». Enzo Botta è in salvo con tutta la sua famiglia, in un hotel con cento sfollati come lui - altri sessanta hanno trovato ospitalità da amici e parenti - che hanno negli occhi la medesima angoscia. Parlano di quanto è accaduto, dei dispersi, di case distrutte, di chi non ce l’ha fatta e di vite, comunque, da ricostruire. Dimenticare non sarà possibile, di certo.

Le piccole vite stroncate: Maria in pigiamino rosa, Giovan Giuseppe aveva solo 21 giorni ed era in braccio a mamma Giovanna

«VOGLIAMO TORNARE»

Botta però già si proietta avanti. Vuole tornare il prima possibile nella sua villetta. «È tutto in regola», dice a chi gli domanda di eventuali abusi e condoni. Non ha paura del vuoto che si è creato intorno all’abitazione. Quella è la casa che «ha costruito con tanti sacrifici», sottolinea. E ora, con foto e video rimbalzati su media e web, è diventata una sorta di monumento dell’accaduto. «In tutta questa drammatica vicenda - afferma Giacomo Pascale, sindaco di Lacco Ameno - si guarda solo ad una foto, quella di una casa pericolante dove intorno non c’è terreno. Ma ce ne sono altre quattordici così». Ci vivevano, perlopiù, persone anziane che dalle abitazioni non sarebbero volute uscire. «Non possono tornare - rimarca Pascale - devono farlo per proteggersi, lì è pericoloso». Eppure, nel cuore di molti di loro, quegli edifici, dove sarebbero potuti rimanere sepolti, sono ancora «casa», l’approdo cui tornare, paradossalmente, per sentirsi al sicuro.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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