Addio a Leonardo Del Vecchio, orgoglio italiano: il fondatore di Luxottica aveva 87 anni

Si è spento ieri a Milano. Il cordoglio unanime di istituzioni e imprese

Addio a Leonardo Del Vecchio, orgoglio italiano: il fondatore di Luxottica aveva 87 anni
Addio a Leonardo Del Vecchio, orgoglio italiano: il fondatore di Luxottica aveva 87 anni
di Mario Ajello
Martedì 28 Giugno 2022, 00:01 - Ultimo agg. 17:13
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Quei capitani d’industria che si sono fatti da soli, senza bisogno di salotti buoni e entrature giuste, con la forza dell’impegno e della competenza, che fanno la grandezza dei grandi italiani. E’ stato uno di questi, al massimo grado, ed è una specie purtroppo rara, Leonardo Del Vecchio. Un gigante dell’Italia migliore. Amava sempre ricordare le sue origini - «Nasco garzone», ripeteva spesso - ma è stato il garzone che aveva studiato design e che da una fabbrica di Agordo (nel Nord-Est) è volato a Wall Street. E non c’è stato nulla di fiabesco e molto di sostanzioso nella sua esistenza che si è spenta ieri, al San Raffaele di Milano, dopo 87 anni esemplari. Se ne va insomma l’uomo che in un paesino del bellunese ha creato Luxottica, la più grande holding al mondo produttrice e venditrice di occhiali e lenti, con 80mila dipendenti e oltre 9mila negozi, e non è stato soltanto questo Del Vecchio. Azionista tra l’altro di Mediobanca, Generali e Covivio, società immobiliare con base in Francia, la sua ricchezza attraverso l’holding di famiglia Delfin quest’anno è stata valutata dalla rivista Forbes in circa 26 miliardi di euro. 

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IL COLLEGIO
La sua è stata una storia incredibile. Ultimo di quattro fratelli, orfano di padre poco prima della sua nascita, del padre portava anche il nome di battesimo. Affidato al collegio dei Martinitt, lì resta fino alla scuola media. A 15 anni va a lavorare come garzone alla Johnson, poi si iscrive ai corsi serali di design e incisione dell’Accademia di Brera. A 22 anni lavora come operaio. Nel 1958 si trasferisce ad Agordo, per aprire una bottega di montature per occhiali. Nasce lì Luxottica, che conquisterà il mondo. Nel 1990 la quotazione a Wall Street. Dal 1995 è il maggior produttore e distributore sul mercato ottico mondiale, e cresce ancora con acquisizioni importanti. 
Aveva la passione, o la sana ossessione, per il lavoro.

Ripeteva spesso: «Se ti distrai anche per un attimo o ti culli sugli allori, senza che neanche te ne accorgi arriva qualcuno a portarti via il mercato». 

 

Nato a Milano nel 1935, da genitori emigrati dalla Puglia, Del Vecchio ha poi rivelato: «Crescere senza famiglia è qualcosa che non si può spiegare, se non lo si è vissuto. Ti segna». Ma come ha fatto a costruire una fortuna valutata oltre 30 miliardi di dollari? Tommaso Ebhardt in un bel libro illustra la storia dell’imprenditore noto per l’estrema riservatezza ma anche per la grande determinazione. E narra di come un bimbo con le sue origini abbia potuto creare un impero e scalare le vette dell’alta finanza partendo da un piccolo laboratorio. Ma la determinazione imprenditoriale, quando è autentica, riesce a farsi strada pure tra mille difficoltà. E’ allora un personaggio da romanzo di formazione Del Vecchio e da epopea di un’Italia fattiva che inventa, cresce, si afferma con la forza delle proprie capacità e pone l’Italia al centro dell’attenzione come esempio di un capitalismo sano. Da un lato è stato sempre pronto a cogliere le opportunità di crescita per la sua azienda, ad abbracciare il cambiamento tecnologico alleandosi con i leader globali dell’era social come dimostrano gli occhiali sviluppati con Facebook. Da un altro lato, è rimasto al centro dell’attenzione del mondo finanziario per il suo attivismo come investitore in banche e assicurazioni. Quando si dice un capitalista a tutto tondo. 

Nella sua storia dickensiana c’è una giornata simbolo. Domenica 11 settembre 1949. Torna in una povera piccola casa dall’orfanatrofio dopo 7 anni. Alla mamma e ai fratelli maggiori chiede solo una cosa per cominciare la sua avventura: «Compratemi una bicicletta: vedrete, mi servirà a far soldi girando di qua e di là». Pedala svelto Leonardo in una città che ha voglia di rinascere dalle devastazioni della Seconda guerra mondiale. Raccontava così l’energia di quel periodo: «La nostra generazione ha vissuto momenti duri che l’hanno temprata: gli anni della guerra e della ricostruzione. A un certo punto non c’era nulla e bisognava ripartire da zero, e questo scenario offriva molte possibilità». 

Alla Johnson, Del Vecchio studia come si fanno gli stampi per le medaglie. Impara sul campo e la sera studia all’Accademia di Brera, dove i padroni della Johnson, viste le sue capacità, lo iscrivono ai corsi di disegno e incisione. Del Vecchio, con la licenza di quinta elementare, entra nel tempio milanese dell’arte, dove si vede e si respira cultura e bellezza. Lì scopre che fare bene il proprio mestiere, quale esso sia, è la chiave dell’esistenza - almeno la sua - e questo rimarrà dei cardini della filosofia di vita di Mister Luxottica. 
La crescita del proprio gruppo industriale ha coinciso nella sua visione con la crescita dell’Italia e la crescita del Paese, passando nella sua concezione anche attraverso la gestione corretta di istituzioni importantissime come Mediobanca. 

L’ORGOGLIO
Così spiegava: «Mediobanca è strategica, serve un piano ambizioso». Quello a cui ha lavorato a lungo, in parallelo con la battaglia su Generali. Dare stabilità al sistema finanziario e slancio al sistema economico, puntando su competenza e merito, era la sua stella polare, il suo imperativo di uomo di successo e di creatore di futuro. Diceva ancora: «Insieme a Generali, con Trieste che deve tornare centrale nello scacchiere mondiale, Piazzetta Cuccia è uno snodo cruciale».

Vero principe dell’imprenditoria italiana, Leonardo Del Vecchio non lo è stato insomma per diritto di nascita. Un uomo così ce lo hanno invidiato nel mondo ma anche se lui non c’è più, resta l’orgoglio italiano di averlo avuto tra di noi anzi di gran lunga tra i migliori di noi.
 

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