Messina Denaro, il generale Mori (che arrestò Riina): «È la fine di Cosa Nostra, non hanno più capi veri»

L'ex capo dei Rosi: «Trent’anni sono troppi, è necessario inserire più tecnica e specializzazione»

Messina Denaro, generale Mori (che arrestò Riina): «È la fine di Cosa Nostra, non hanno più capi veri»
Messina Denaro, generale Mori (che arrestò Riina): «È la fine di Cosa Nostra, non hanno più capi veri»
di Cristiana Mangani
Martedì 17 Gennaio 2023, 02:20 - Ultimo agg. 11:17
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Quindici gennaio 1993-sedici gennaio 2023: dall’arresto di Totò Riina a quello di Matteo Messina Denaro sono passati trenta anni esatti. Anni di indagini, di ricerche. Anni di misteri. 

Generale Mario Mori, lei era il comandante dei carabinieri del Ros quando il boss di Corleone è finito in manette. Ieri mattina, quando ha saputo che anche l’ultimo grande latitante di Cosa nostra era stato arrestato, cosa ha pensato?
«Ho pensato che con la cattura di Messina Denaro, Cosa nostra operativa era finita. L’arresto di Riina è stato l’alfa, l’inizio, quello di Messina Denaro l’omega, la conclusione».

Finita in che senso?
«Si è conclusa l’epoca dei Riina, dei Provenzano, dei Badalamenti, questa parte è finita.

Anche se resta forte la cultura mafiosa, il sentire mafioso».

Cosa succederà ora?
«Può darsi che tra qualche anno si facciano avanti nuovi boss, nuovi elementi di spicco. Questo non si può sapere con certezza, ma ora quella che era la massima espressione operativa è stata debellata. È un dato di fatto, non si discute. Adesso è necessario che il piano del contrasto che continuerà a rimanere in piedi, salga di livello. Non sono più tanto la polizia, i carabinieri, la magistratura. È la politica che dovrà far fare un salto di qualità a quelle terre, con il lavoro, con la formazione, con la cultura. La cultura mafiosa continuerà a diffondersi solo se prolifererà il sentire mafioso».

Cosa nostra, però, esiste ancora.
«Non dico che non esiste la mafia, c’è la mafia economica, ci sono altri gruppi criminali, ma la mafia siciliana come siamo abituati a conoscerla ora non c’è più. Esistono dei nuclei con pochi elementi, ma non hanno il coordinamento, la struttura unificante che aveva Cosa nostra. E sono conosciuti alle forze di polizia, quindi contrastabili. Non ci sono più le famiglie, strutturate a livello provinciale, regionale».

I magistrati di Palermo hanno detto che Matteo Messina Denaro, fino a ieri, era ancora il capo della provincia di Trapani, dopo di lui chi verrà?
«Non vedo un candidato. Forse potrà esserci qualcuno che aspirerà a diventare capo, ma un conto è essere capo di un esercito compatto, un altro di un esercito fatto di divisioni, con quattro sciagurati che stanno appena in piedi».

Dove si annida maggiormente il pensiero mafioso? 
«Finalmente si può dire, non ci sono più alibi. Il politico, il professionista, l’industriale, il commerciante, si devono mettere a lavorare veramente per essere parte di quella società di cui sono espressione».

A distanza di 30 anni anche Messina Denaro è stato arrestato a Palermo, a due passi da casa: c’è qualcosa che non ha funzionato nelle indagini?
«Faccio una critica alle forze di polizia in senso lato, ne ho fatto parte, quindi mi metto dentro. Sono composte da una struttura di controllo del territorio e una struttura investigativa. Di fronte a fenomeni così specifici, così radicati e pericolosi, le strutture centrali di polizia, carabinieri e altri, non possono contrastare da soli il fenomeno perché non hanno i mezzi, la conoscenza adeguata. Ci vogliono delle strutture specifiche. L’aveva capito il generale Dalla Chiesa, poi è stato capito con la creazione del Ros. Totò Riina da me è stato arrestato in 5 mesi, senza pensare ai superiori, ai magistrati, ai condizionamenti. Ci voleva un gruppo di venti persone che dovevano fare solo quello. Quando ti metti a cercare il latitante, ci vorranno cinque mesi, un anno, due, ma lo prendi. Trent’anni è ingiustificato, è la dimostrazione che il sistema di polizia italiano è falloso. Meno stati maggiori, quindi, alti consensi direttivi, più tecnica e specializzazione. Purtroppo molti a livello di comando non recepiscono né concepiscono questo concetto».

Che atteggiamento terrà Messina Denaro?
«Non so, può darsi anche che decida di collaborare. Di fronte allo shock di una cattura in questo modo dopo tanti anni, le reazioni umane sono diversificate. Quindi aspettiamo. Spero che voglia collaborare, così finalmente finiranno tanti misteri e i cultori del dubbio elevato a sistema finalmente potranno dichiararsi soddisfatti. Penso, però, che non sia in grandi condizioni per svelare nuovi segreti. Certamente potrà dire la genesi di alcuni attentati, e sarà molto importante».

Perché è stato arrestato adesso?
«Probabilmente il sistema di sicurezza che aveva attorno a sé è stato indebolito dai tanti arresti e le tutele sono diventate insufficienti».

Dal punto di vista personale questo arresto che rappresenta per lei?
«Sono molto contento, non solo come carabiniere e come uomo della istituzioni, ma anche personalmente. Ieri ho fatto i complimenti al generale Angelosanto che ora comanda il Ros: era capitano quando ero io al comando. È una bellissima continuità».
 

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