Messina Denaro potrebbe comparire per la prima volta in aula per un processo il 19 gennaio

L'udienza sarà dedicata alla difesa, rappresentata in aula dall'avvocato Salvatore Baglio

Messina Denaro per la prima volta in aula per un processo il 19 gennaio
Messina Denaro per la prima volta in aula per un processo il 19 gennaio
Lunedì 16 Gennaio 2023, 16:19
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Potrebbe essere già nei prossimi giorni, il 19 gennaio, presso l'aula bunker del carcere di Caltanissetta, la prima apparizione in aula del boss Matteo Messina Denaro. Quel giorno riprenderà, infatti, il processo d'appello del processo che vede alla sbarra il boss catturato oggi con l'accusa di essere stato tra i mandanti delle stragi mafiose. In primo grado è stato condannato all'ergastolo. Lo scorso settembre, durante la requisitoria, il pg Antonino Patti, aveva detto: «L'accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore». Matteo Messina Denaro, è ritenuto uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via d'Amelio del 1992 in cui morirono i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti di scorta.

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Messina Denaro, quando comparirà in aula

L'udienza sarà dedicata alla difesa, rappresentata in aula dall'avvocato Salvatore Baglio. «L'imputato - aveva continuato Patti - entrò a far parte di un organismo riservato direttamente alle dipendenze di Totò Riina, il gruppo denominato la Super cosa.

L'attività deliberativa, organizzativa di Messina Denaro in favore delle stragi ha cominciato a esplicarsi nell'ottobre del 1991, che coincide con le riunioni in provincia di Enna. Chi è Matteo Messina Denaro? È certamente un mafioso. Ha quattro condanne per 416bis, riferite a tempi diversi. È certamente un assassino perché dal casellario giudiziale mi risulta essere stato condannato per sette stragi e una ventina di omicidi».

La requisitoria del procuratore generale

In un altro passaggio della requisitoria il procuratore generale Antonino Patti aveva detto: «Giovanni Brusca, interrogato sul potere esercitato nella provincia di Trapani dirà: "Il capo ufficialmente era Francesco Messina Denaro, però già nel momento in cui rivestiva questo ruolo, le cariche formali ed esecutive erano rivestite dal figlio Matteo. Faceva le funzioni di capo provincia perché o ne parlava direttamente col padre o si prendeva le responsabilità di quello che si decideva". Infine, aveva anche parlato del rapporto di «fiducia tra Riina e Messina Denaro».

 

Il rapporto di fiducia con Totò Riina

«C'era un totale e reciproco rapporto di fiducia - aveva detto - tra Totò Riina e Matteo Messina Denaro. Il rapporto iniziato negli anni Ottanta non ha mai avuto alcun momento di attrito o incrinatura. Anche dopo le stragi Matteo Messina Denaro, dopo che Riina venne arrestato, continuò a esercitare la sua egemonia. Il potere di Riina era talmente forte che non si poneva il problema di mettere a capo della provincia di Trapani Matteo Messina Denaro, nonostante nel '91 aveva appena 29 anni. Era una sua creatura, con tutto il rispetto per Mariano Agate che non poteva rappresentare il futuro. Messina Denaro era incensurato, sconosciuto alle forze dell'ordine - diventerà latitante soltanto il 2 giugno del '93 - e in quel momento libero di muoversi. Matteo era capace a livello criminale e Riina capì che la pasta era quella giusta».

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