Migranti, l'Oms contro i luoghi comuni: «Non portano le malattie»

Migranti, l'Oms contro i luoghi comuni: «Non portano le malattie»
Lunedì 21 Gennaio 2019, 14:36 - Ultimo agg. 17:40
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I migranti non sono veicolo di malattie 'esotiche' come Ebola o qualche altro virus particolare, ma neanche di quelle più note come tubercolosi o Hiv, di cui non si registrano contagi alla popolazione residente. A smentire uno dei falsi miti sull'immigrazione ci ha pensato l'Oms, che ha presentato oggi il primo 'Rapporto sulla salute dei migranti e dei rifugiati in Europà che invita i governi a «non alimentare preoccupazioni».

Il documento, realizzato in collaborazione con l'Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà (INMP) italiano, si basa sui dati di oltre 13mila documenti raccolti nei 53 paesi che fanno parte della regione Europa dell'Oms, che si estendono a est fino alla Russia e alla Turchia. Il primo falso mito, si legge, è nel numero stesso dei migranti, che oggi in tutta la regione sono appena il 10% della popolazione, mentre in alcuni paesi europei la popolazione pensa che siano 3 o 4 volte di più.

Dal punto di vista sanitario poi, la salute dei migranti che arrivano è buona. Il rischio di malattie non trasmissibili, come tumori o problemi cardiaci, è più basso che nella popolazione generale, ma aumenta all'aumentare del periodo di permanenza a causa del mancato accesso ai servizi sanitari e delle condizioni igieniche spesso insufficienti. Risulta invece più alto il tasso di ansia e depressione, con soprattutto i minori ad alto rischio di sindrome da stress post traumatico.

«Anche per le malattie infettive l'aneddotica non corrisponde alla realtà - sottolinea Santino Severoni, coordinatore del programma Oms Europa sulla migrazione e la salute -. È vero che lo spostamento delle popolazioni viene considerato una fonte di rischio, e per questo c'è un monitoraggio, ma riguarda tutti i tipi. Si pensi ai 400mila che sono arrivati via mare in Italia nel 2016 e ai 20 milioni di passeggeri dell'aeroporto di Fiumicino». Se si guarda all'Hiv, ad esempio, il documento riporta che «anche se si stima che circa il 40% dei nuovi casi di Hiv nell'Unione Europea sono in persone nate in altri paesi, c'è una evidenza crescente che una porzione significativa di migranti e rifugiati sieropositivi, incluso chi viene da paesi ad alta prevalenza, abbia acquisito l'infezione dopo essere arrivato».

Anche quando arrivano persone con infezioni, sottolinea Severoni, l'evento è così sporadico che non costituisce un problema per la salute pubblica, come dimostra il fatto che non si è mai registrato un contagio alla popolazione residente, a dispetto delle bufale che circolano ogni giorno. «Le difficoltà non sono di oggi, le registriamo già da diversi anni, da quando l'immigrazione via mare è entrata nella discussione politica - afferma l'esperto -. Senza entrare nelle scelte politiche delle singole nazioni, che non ci competono, possiamo dire però che da parte di alcuni governi c'è una sensibilità che distoglie l'attenzione dai fatti, si alimentano preoccupazioni che poi i dati reali smentiscono».

La chiave per far sì che la situazione non peggiori, conclude il documento, è però che si garantisca l'assistenza sanitaria ai migranti. «La prevenzione rimane l'arma migliore - ha ricordato Zsuzsanna Jakab, che dirige l'Oms Europa - per garantire la salute sia di chi arriva sia della popolazione residente».
In questo, aggiunge Severoni,
«l'Italia è tra i migliori. Nel tempo in Italia sono stati trovati nei migranti un po' tutti i problemi di salute, ma sono stati tutti gestiti in maniera ottimale grazie al fatto che è stata garantita l'assistenza sanitaria - spiega -. Questo è un concetto valido in generale, gli interventi di salute pubblica in cui si escludono gruppi sono fallimentari, mentre l'assistenza universale è vincente».
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