Baby killer a 14 e 15 anni, uccisero a coltellate un pusher. Condanne annullate: «Incapaci di intendere per la droga»

La Cassazione ha rimandato in Corte d'Appello gli atti del processo: si torna in aula per un possibile sconto di pena

Baby killer a 14 e 15 anni, uccisero a coltellate un pusher. Condanne annullate: «Incapaci di intendere per la droga»
Baby killer a 14 e 15 anni, uccisero a coltellate un pusher. Condanne annullate: ​«Incapaci di intendere per la droga»
di Niccolò Dainelli
Sabato 4 Marzo 2023, 19:28 - Ultimo agg. 19:29
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Uccisero con una trentina di coltellate il pusher di 42 anni Cristian Sebastiano. I due baby killer che il 29 novembre 2020, il giorno del delitto, avevano 14 e 15 anni. E adesso, a distanza di quasi 3 anni, le condanne nei loro confronti sono state annullate. La Cassazione, infatti, ha rimandato in Corte d’Appello gli atti del processo contro i due minori che compirono l'omicidio sotto i portici delle case popolari di via Fiume, alla periferia di Monza, per questioni di droga e rancori personali. Omicidio per il quale erano stati condannati a 15 anni di reclusione.

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La ricostruzione

 

A 14 e 15 anni lo avevano ucciso. E poi si erano giustificati con le forze dell'ordine dicendo che era una vendetta perché, a causa sua, erano entrati nel mondo della dipendenza da droga. Ma dopo cinque mesi i carabinieri del nucleo investigativo di Monza hanno riannodato tutti i fili che da quei due baby killer conducevano fino al mandante dell'omicidio. E hanno capito da dove arrivasse la furia omicida di due incensurati minorenni.

Le indagini, coordinate dal pm di Monza Sara Mantovani sono andate avanti con pazienza per chiarire il movente, che sin dall'inizio non aveva convinto gli inquirenti. I sospetti hanno trovato conferma ieri, quando è stato arrestato il mandante. L'uomo avrebbe promesso ai due ragazzini un pagamento di un migliaio di euro a testa.

Il ricorso della difesa

Adesso, a distanza di più di 2 anni, i due baby killer potrebbero uscire dal carcere dove sono rinchiusi dal giorno dell'omicidio, a causa della scadenza dei termini di custodia cautelare. I giudici della Suprema Corte hanno ammesso il ricorso presentato dai legali della difesa, che hanno fatto leva soprattutto su una perizia psichiatrica disposta dall’autorità giudiziaria, che certifica la loro minorata capacità mentale per la dipendenza da stupefacenti, cominciata per entrambi in età precoce, e che secondo gli avvocati non era stata tenuta in considerazione dalla Corte d’Appello, dove era stata confermata la condanna del giudice di primo grado.

 

L'appello bis

Si tornerà, dunque, in aula e potrebbero beneficiare di uno sconto di pena. A questa vicenda processuale si collega quella relativa al mandante: il 44enne Giovanni Gambino, dello stesso quartiere dei due giovani, accusato davanti alla Corte d’Assise di Monza di concorso materiale (e non più morale come contestato inizialmente) nello stesso omicidio.

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