Nadia Toffa, l'ultimo applauso alla Iena più amata: «Era lei che consolava noi»

Nadia Toffa, l'ultimo applauso alla Iena più amata: «Era lei che consolava noi»
di Claudia Guasco
Sabato 17 Agosto 2019, 11:33 - Ultimo agg. 11:44
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dal nostro inviato
BRESCIA Il suo sorriso: «Non voleva farsi vedere triste. Era lei che consolava tutti noi, fino all'ultimo, anche se sapeva dove stava andando», ricorda Max Ferrigno, autore delle Iene. Il coraggio: «Era una garibaldina autentica, detestava l'ingiustizia, la faceva stare male», racconta Enrico Lucci. L'affetto: «Era come una sorella, per noi. L'abbiamo vista crescere, sgomitare e diventare grande», riflette Giulio Golia. Tutte queste cose insieme erano Nadia Toffa, amica, collega, figlia e sorella morta a quarant'anni per un tumore al cervello. La prognosi le dava dieci mesi di vita, lei ha resistito venti «e questo la dice lunga sulla sua forza», racconta un'ex compagna di scuola.

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FAME DI GIUSTIZIA
Ieri il Duomo di Brescia, la sua città, era gremito come per la messa di Natale e chi non ha trovato posto si è stipato sul sagrato. Alle dieci e mezza del mattino le campane suonano a morto, la bara bianca con un soffice cuscino di rose candide è davanti all'altare. Ad accompagnarla ci sono la mamma e il papà, la sorella e i due figli ancora piccoli, tutto il gruppo storico delle Iene, tanta gente, nessun volto noto dello spettacolo che la ricorda con messaggi commossi sui social. Ma chi per lei contava davvero è qui, come gli amici del minibar di Tamburi, quartiere di Taranto in cui c'è l'Ilva: indossano una maglietta con la scritta (in dialetto tarantino) Io esco pazzo per te!. Hanno conosciuto Nadia quando, durante un servizio, è andata nel bagno del baretto a cambiarsi, ha visto esposta quella maglietta ed è nato un progetto grazie al quale sono stati raccolti 700 mila euro per un reparto di oncologia pediatrica. L'impegno e la capacità di trascinare tutti nei suoi progetti: «Era impossibile dirle di no, convinceva chiunque», ripetono i suoi colleghi Iene. Le sono accanto fino alla fine, sfilano uno alla volta davanti al feretro e lo accarezzano, si attardano sul sagrato quando la cerimonia è finita da un pezzo per parlare di lei. «Ha messo l'Italia sottosopra - dice nella sua omelia don Maurizio Patriciello, il parroco antiroghi di Caivano - è stata amata da Nord a Sud, dalla Terra dei fuochi a Brescia. È entrata nel cuore di tutti perché è stata autentica, cocciuta, perseverante, tosta. Ha avuto fame e sete di giustizia. Negli ultimi giorni tutti sapevano che il suo silenzio significava la cosa peggiore. Lei ha avuto il coraggio di chiamare il cancro con il suo nome».
 



IL DESTINO SEGNATO
La nipote Alice, tra le lacrime, legge un foglietto che ha in mano: «Avevi fiducia in me, mi rincuoravi, dicevi sempre di sorridere alla vita. Eri molto, molto coraggiosa. Avrei potuto godere più a lungo del tuo amore». A nome delle Iene parla Ferrigno: «Mi aveva persuaso che ce l'avrebbe fatta, nonostante il suo male fosse incurabile. Abbiamo scritto che niente sarà più come prima, non so come faremo. Era magica e la saluto». Davide Parenti, l'ideatore del programma, depone sulla bara la cravatta nera, simbolo della redazione. «È stata bravissima a portare avanti tutto, nonostante gli attacchi e le operazioni - racconta - Sapeva di avere il destino segnato. Sapeva che non sarebbe guarita mai, ma ha condotto il programma conscia che sarebbe finita così». Nadia se ne va accompagnata dalle note di Halleluja, di Leonard Coen, sul sagrato della cattedrale la mamma Margherita stringe centinaia di mani: «Ci sta guardando da lassù anche in questo momento», sussurra. Tra la folla qualcuno grida «Ciao guerriera», e l'ultimo applauso è il più forte.

 

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