Pescatori in navigazione verso l'Italia dopo il sequestro in Libia: «Divisi e tenuti in gabbia al buio» Domenica l'arrivo a Mazara

Pescatori in viaggio verso l'Italia dopo il sequestro in Libia: «Divisi e tenuti in gabbia al buio» Domenica l'arrivo a Mazara
Pescatori in viaggio verso l'Italia dopo il sequestro in Libia: «Divisi e tenuti in gabbia al buio» Domenica l'arrivo a Mazara
Venerdì 18 Dicembre 2020, 09:45
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La voce dei pescatori arriva insieme al rumore del motore, la prua è diretta verso la Sicilia. L'appuntamento è alle 7.30 a bordo del peschereccio Aristeus ormeggiato al porto di Mazara del Vallo. L'armatore del 'Medinea' dopo un iniziale problema tecnico riesce finalmente a contattare via radio il suo comandante, Pietro Marrone, che si trova a 440 miglia da qui. Il peschereccio, insieme all'Antartide, è da questa notte in viaggio per Mazara. L'arrivo qui è previsto intorno a domenica pomeriggio. La voce del comandante non sembra provata. Ma il racconto fa venire i brividi. «Pensavamo di non farcela - racconta all'armatore che ascolta in silenzio- sono stati tre mesi pesantissimi. Ci hanno fatto cambiare quattro prigioni. E una di queste su trova sottoterra al buio. Ci passavano il cibo al buio da una grata e non sapevamo nemmeno cosa fosse».

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A tratti la voce si incrina.

Quando l'armatore Marco Marrone - ma i due non sono parenti- gli dice che la mamma del comandante, Rosetta Ingargiola, ha lottato coma una leonessa. A 74 anni non ha mai mollato. Si emozione Pietro, ma subito si riprende e continua il suo racconto all'armatore: «Ci hanno trattato da terroristi- dice -mancavano solo le botte per il resto ci hanno umiliato, abbiamo subito violenza psicologica». E ricorda che «non c'è stato nessun processo».

 

«Ci tenevano in una gabbia - racconta- dopo averci divisi». Sì perché i tunisini e gli italiani sono stati messi in origini diverse. «Ci siamo potuti riabbracciare solo dopo 70 giorni - dice - e stato un momento emozionante». Poi si lascia sfuggire: «Cugì (rivolgendosi all'armatore ndr), ce la siamo fatta addosso per lo spavento...» Ieri sera, finalmente, il primo pasto decente. «Solo dopo averci detto che sarebbe arrivato il Presidente del consiglio Giuseppe Conte ci hanno dato del cibo commestibile - racconta- prima non sapevamo cosa mangiavamo. Terribile». E poi racconta che non avevamo neppure il cambio dell'intimo. «Indossavamo sempre le stesse cose - dice - è stato davvero difficile - non vedo l'ora di tornare a casa». E per domenica è previsto un brindisi. Marrone ringrazia l'armatore ma Marco Marrone gli risponde: «Siamo noi a dovere ringraziare tutti voi che avete dimostrato di avere le pa...». Dopo mezz'ora di telefonata L'armatore chiude la comunicazione. È molto provato. «Aspettavo questo momento da tre mesi - dice Marco Marrone All'Adnkronos- sono felice di avere finalmente parlato con il mio comandante». Intanto il viaggio per verso Mazara dei due pescherecci prosegue.

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La moglie

«Amore mio, ti aspetto a casa. Non vedo l'ora di abbracciarti». Cristina Amabilino, moglie del pescatore Bernardo Salvo non riesce a contenere la gioia. È riuscita a parlare al telefono, via radio dal peschereccio Aristeus ormeggiato a Mazara del Vallo, con il marito. «Appena arrivi festeggeremo - dice felice - finalmente è finito un incubo». E ringrazia l'armatore Marco Marrone che «in questi mesi ci è sempre stato vicino».

La cella buia

«L'ultima cella, dove abbiamo trascorso la notte prima di avere la notizia della liberazione, era buia. Il cibo ci veniva portato in ciotole e non era buono. Abbiamo subito delle umiliazioni, pressioni piscologiche, ma mai violenze. Quando ci hanno detto che era il 'giorno buono' non ci abbiamo creduto». Così Pietro Marrone, capitano della «Medinea», nel primo contatto via radio dopo la partenza dal porto di Bengasi col suo armatore Marco Marrone, racconta i 108 giorni trascorsi in Libia.

La scorta

I due pescherecci mazzaresi in viaggio verso l'Italia sono scortati da due navi militari italiane. Lo conferma all'Adnkronos l'armatore del Medinea Marco Marrone. L'arrivo è previsto domenica a Mazara del Vallo. Al momento sono a 440 miglia di distanza.

Crisi a mazara

Dieci anni di declino, lento e graduale. Così la marineria di Mazara del Vallo ha perso il primato di essere la flotta peschereccia più numerosa d'Italia. Nella città marinara del Trapanese si attende con ansia l'arrivo dei 18 pescatori liberati, si fanno anche i conti nel settore della pesca. La vicenda dell'Antartide e Medinea e dei loro equipaggi ha riacceso i riflettori sul comparto trainante per la città del Satiro. Oggi i numeri parlano di 69 navi 'maggiorì e 146 navi 'minori', 3.600 pescatori iscritti nei registri della Capitaneria di porto di Mazara del Vallo, oltre 1.600 extracomunitari che lavorano a bordo dei pescherecci. Eppure dieci anni fa la flotta mazarese contava 260 navi 'maggiorì e più di 200 navi 'minorì. «Questa drastica diminuzione è stata dovuta alla diminuzione della risorsa ittica in mare e all'aumento dei costi di gestione dei pescherecci - spiega Giovanni Di Dia, segretario generale Flai-Cgil della provincia di Trapani - il tutto combinato con una politica europea sulla pesca che negli ultimi anni ha tutelato gli stock ittici, favorendo la demolizione dei natanti». Oggi i conti si fanno anche con la mancanza di personale, perché fare il pescatore non è più una professione 'appetibilè. Così a bordo tra i componenti degli equipaggi si trovano sempre più pescatori tunisini e anche quelli che arrivano dall'Asia. «In questi anni non abbiamo più assistito a un ricambio generazionale - spiega Tommaso Macaddino, segretario Uila Pesca della provincia di Trapani - i pescatori anziani sono andati in pensione e i figli hanno scelto di fare altro. Così il settore della pesca ha sofferto anche l'aspetto della manodopera che non è certo marginale».

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