Ristoranti stellati in crisi, gli chef: «Troppe spese, mancanza di personale e lavoro non etico». Cosa succede

Costi troppo alti, mancanza di personale, meccanismi di lavoro eticamente ingiusti le cause addotte, in ordine sparso, dagli chef

Ristoranti stellati in crisi, gli chef: «Troppe spese, mancanza di personale e lavoro non etico». Cosa succede
Ristoranti stellati in crisi, gli chef: «Troppe spese, mancanza di personale e lavoro non etico». Cosa succede
Giovedì 23 Febbraio 2023, 15:16 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 08:30
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Nell’edizione 2022 della Guida Michelin i ristoranti stellati in Italia sono 385, il che fa del nostro Paese il terzo al mondo per numero dopo Francia e Giappone. Ma sono una super nicchia: rappresentano solo lo 0,2% dei ristoranti italiani, per un fatturato di 327 milioni di euro annui totali. Menù a prezzi esclusivi, mesi per prenotare un tavolo, cuochi diventati star, eppure il modello si è inceppato. Norbert Niederkofler, tre stelle Michelin con il suo St.Hubertus a San Cassiano, si ferma per ristrutturazione e rinascerà con un’altra formula, Filippo La Mantia spegne i fornelli al Mercato Centrale di Milano. Costi troppo alti, mancanza di personale, meccanismi di lavoro eticamente ingiusti le cause addotte, in ordine sparso, dagli chef. Insomma, il modello è in crisi e il ripensamento in atto, nel frattempo le chiusure eccellenti si susseguono.

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Stage gratuiti

A inaugurare la tendenza, con grande clamore, è stato il Noma di Copenaghen, locale tra i più premiati del mondo con lista da 400 dollari più altri 230 di vini.

Lo chef René Redzepi ha motivato così la sua decisione: «L’alta cucina non è più sostenibile, economicamente ed emotivamente. E lavorare gratis non è più eticamente accettabile». Nella sua cucina una trentina di giovani stagisti, in cambio dell’esperienza sul curriculum, accettavano turni di 16 ore al giorno sei giorni su sette alla settimana, senza stipendio o con un rimborso spese di 200 euro al mese. «È impossibile trovare l’equilibrio fra costi alti e livello di ristorazione sperimentale gourmet», si è giustificato. Perciò Redzepi si è preso una pausa per ripensare il suo ristorante e come rinascerà ancora non si sa, forse seguirà le orme del celeberrimo El Bulli di Ferran Adrià che il prossimo giugno riaprirà come archivio museo a pagamento sulla Costa Brava.

Altro epilogo che ha fatto rumore quello dell’Ona, in Francia, primo ristorante vegano a conquistare una stella Michelin. Solo un anno di gloria e la sua chef Claire Vallé ha gettato la spugna: «Mancano le persone, è arrivato il momento di rimetterle al centro del progetto imprenditoriale e concettuale di ristorazione». In Italia, intanto, chiude per ristrutturazione l’albergo Rosa Alpina di San Cassiano che ospita il St. Hubertus e Niederkofler ne approfitta per una riflessione. «Non si tratta di un addio - assicura - Questo progetto era in cantiere da mesi. Appoggio completamente la scelta di rivedere il concetto alla base della struttura e della cucina e, in quest’ottica, metto a disposizione la mia esperienza. Con la proprietà non abbiamo ancora definito quale concetto affrontare per una possibile riapertura, da parte mia posso garantire che farò tutto il possibile per confermare le tre stelle Michelin».

Manca personale

Serrande abbassate dal primo marzo anche per il cuoco siciliano Filippo La Mantia, che conta di riaprire appena possibile e assicura che si tratta di una «riorganizzazione temporanea». Alle origini della scelta, le difficoltà nel reperire e formare il personale: «La brigata è passata da 15 a 7 persone, non possiamo chiudere ogni servizio in affanno. Non so quanto starò chiuso e non so cosa farò dopo, forse sono un nostalgico ma ho in mente un’altra idea di come si fa questo mestiere e non devo pretendere che sia uguale per gli altri. Insomma, mi devo riallineare con questi tempi, devo capire dove stiamo andando. Tutti parlano di un’evoluzione della ristorazione, ma secondo me stiamo assistendo a un’involuzione. Questo settore sta vivendo una crisi impressionante: c’è una fame di personale cronica». Nel comparto turistico-ricettivo, segnala Federalberghi, l’anno scorso sono mancati all’appello dai 250 mila ai 300 mila lavoratori.

Per alcuni chef è anche colpa della scarsa abnegazione dei giovani. Dice Alessandro Borghese: «I ragazzi? Preferiscono tenersi stretto il fine settimana per divertirsi con gli amici. E quando decidono di provarci, lo fanno con l’arroganza di chi si sente arrivato. Sarò impopolare, ma non ho alcun problema nel dire che lavorare per imparare non significa essere per forza pagati. Io prestavo servizio sulle navi da crociera con vitto e alloggio riconosciuti. Stop. Mi andava bene così: l’opportunità valeva lo stipendi». Ma camerieri e cuochi ribattono che nessuno ha più intenzione di essere sfruttato, con paghe ridicole per orari disumani. Secondo una ricerca della JFC di qualche anno fa l’assegnazione di una stella porta un aumento di fatturato del 50% dopo un anno, per la seconda e la terza gli incrementi sono meno significativi: rispettivamente +18,7% per chi passa da una a due e +25,6% per chi ottiene la terza stella. A fronte di ciò, i costi sono molto elevati: dal personale, con un rapporto di un dipendente per ogni cliente, agli affitti. Il rincaro dei costi energetici e delle materie prima, negli ultimi mesi, ha fatto il resto. Urgono nuove ricette, intanto c’è chi sceglie di fermarsi.

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