Maxime Mbanda nominato cavaliere: «Io, rugbysta, alla guida di ambulanze la notte piangevo per tutto quel dolore»

Maxime Mbandà (Foto Cfp)
Maxime Mbandà (Foto Cfp)
di Maria Lombardi
Venerdì 5 Giugno 2020, 12:53 - Ultimo agg. 12:55
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«Sono stati i 70 giorni più impegnativi della mia vita. Ho trasportato più di 100 pazienti, fatto turni massacranti e ho provato delle emozioni stupende».

Maxime Mbanda, 26 anni, giocatore per la franchigia Zebre Rugby e per la nazionale italiana con la quale l'anno scorso ha partecipato agli ultimi  Mondiali in Giappone, ha fatto il volontario sulle ambulanze per la Croce Gialla di Parma. Un impegno che il presidente Mattarella ha voluto sottolineare con la nomina a Cavaliere della Repubblica per alti meriti sociali del giovane che ha la mamma di Milano e il papà del Congo, medico chirurgo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sono stati i 70 giorni più impegnativi della mia vita. Ho trasportato più di 100 pazienti, fatto turni massacranti dove pranzavo alla sera, perché non potevo togliermi quella tuta per non rischiare di contagiarmi finché non venivo sanificato. Mi sono fatto una promessa prima di entrare per la prima volta su un’ambulanza ed ho cercato di rispettarla. Durante il periodo più intenso ho pianto la sera, sfogandomi per quello che vedevo durante il giorno ed a cui non ero abituato, non riuscivo a prendere sonno la notte nonostante fossi distrutto e mi sono ritrovato anche a svegliarmi alle 3 del mattino tutto bagnato per poi scoprire che mi ero fatto la pipì addosso. Quella tuta è stata così tanto la mia seconda pelle in questi due mesi che una volta dopo ore di servizio (e per fortuna avevo finito l’ultimo trasporto della giornata) non sono riuscito a trattenermi e me la sono fatta sotto, di nuovo. Pensavo di avere problemi, stavo vivendo una seconda infanzia in pratica, ma semplicemente non stavo rispettando il mio corpo. Volevo essere in servizio il più possibile e mi sentivo addirittura in colpa quando non ero in Croce Gialla ad aiutare gli altri volontari. Detto questo, rifarei tutto dall’inizio. Anzi, ho ammesso più volte in questo periodo di essermi pentito di non aver iniziato prima e consiglierò d’ora in poi a chiunque di provare a svolgere dei servizi di volontariato e di cercare di percepire le emozioni che lascia, che sono imparagonabili con qualsiasi altra esperienza. È giusto pensare ai soldi ed alla sopravvivenza nella vita, ma a volte fare qualcosa senza pensare ad una retribuzione ma facendola partire dal cuore ha un sapore che per me è paragonabile a quello di un tiramisù, il mio dolce preferito. E spero che, chiunque mai si possa trovare a bussare alla porta di un’associazione, trovi dall’altro lato delle persone splendide che lo accolgano come una persona di famiglia come è stato per me qui in @seirs.crocegialla.parma ❤️

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Quando ha deciso di fare il volontario?
«Erano i primi di marzo, avevano interrotto il campionato. Mi sono chiesto - dice il giocatore della mischia delle Zebre, nato a Roma e cresciuto a Milano, 20 presenze in azzurro nel ruolo di terza linea - cosa avrei potuto fare per aiutare gli altri. E ho usato internet per scoprire che c'era bisogno di autisti e infermieri per le ambulanze. Ho cominciato a trasportare pazienti positivi da un ospedale all'altro. Mi è capitato di piangere la sera, dopo tutto quello che vedevo durante il giorno. Mi è capitato di fare la pipì addosso, dopo ore di servizio sempre in tuta. Volevo essere in servizio il più possibile e mi sentivo in colpa quando non ero lì».

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Sui social ha scritto che tutti dovrebbero provare le emozioni di chi fa volontariato.
«Sono fantastiche. Ho scritto quel post per ricordare cosa abbiamo passato. Non si deve ripetere, si può tornare alla normalità senza assembramenti».


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Questi ultimi giorni sono stati veramente surreali. La notizia che ho ricevuto mercoledì mattina mentre mi allenavo mi ha realmente spiazzato e lasciato senza parole. Sono stato subito invaso da emozioni contrastanti: da una parte sono assolutamente onorato e felice per i miei genitori perché se sono la persona che sono è soprattutto grazie a loro, dall’altra non mi sento degno di questo riconoscimento perché come ho sempre ammesso, io sono appena entrato a far parte di questo Mondo di volontari e nella mia stessa associazione @seirs.crocegialla.parma ci sono persone che svolgono un “lavoro sporco incredibile” tipico dei più duri punti d’incontro (come si dice nel nostro gergo sportivo) da 20/30 anni senza aver mai avuto alcun riconoscimento. Il mio obiettivo, da quando ho iniziato questo percorso, è stato solo quello di cercare di sensibilizzare soprattutto giovani come me ad attivarsi ed aiutare la propria comunità, mi sono pentito di non aver iniziato prima perchè mi sta lasciando emozioni indescrivibili. Non sono un santo, sono un essere umano che ha sbagliato in passato e probabilmente sbaglierà in futuro. L’unica cosa che posso fare è cercare giorno per giorno di fare del bene per migliorare la mia vita e quella di altre persone. Peace and love ✌🏽❤️

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Lei è stato vittima di insulti razzisti lo scorso novembre.
«Episodi di stupidità. Dobbiamo usare la parola per cercare di rendere il mondo migliore».
 
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