Scalea, il furbetto è il sindaco: 650 ore di assenza, timbrava il cartellino e andava al bar

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Il primo cittadino di Scalea si assentava arbitrariamente dal suo posto di lavoro all'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, attestando anche falsamente di essere in missione. È l'accusa con la quale la Guardia di finanza ha arrestato, con l'accusa di truffa aggravata, il sindaco della città calabrese, Gennaro Licursi, e sospeso tre dipendenti dell'Asp che sarebbero stati complici delle presunte condotte illecite del primo cittadino, coprendolo per le sue assenze. L'inchiesta che ha portato all'arresto di Licursi, denominata «Ghost work», é stata condotta dalla Procura della Repubblica di Paola, diretta da Pierpaolo Bruni.

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L'arresto é stato fatto in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Paola su richiesta dello stesso procuratore Bruni e del sostituto procuratore Maurizio De Franchis. Il sindaco di Scalea, responsabile delle Guardie mediche nel distretto del Tirreno, secondo l'accusa, attestava falsamente di essere in servizio ma in realtà trascorreva ore al bar insieme ad amici e conoscenti. Licursi, con le sue condotte illecite, ha accumulato 650 ore di assenze ingiustificate dal posto di lavoro.

Il procuratore Bruni, in conferenza stampa, ha parlato di «quadro indiziario particolarmente grave» a carico del sindaco e delle persone che ne coprivano le assenze arbitrarie dal servizio. Licursi, dopo avere timbrato il «cartellino», lasciava l'ufficio e si dedicava allo svolgimento di attività quotidiane di natura personale. Il sindaco, sempre secondo l'accusa, attestava falsamente di essersi recato in «missione» per conto dell'ufficio, occupandosi, anche in questo caso, di questioni non attinenti al servizio. «Attraverso pedinamenti, osservazioni e riprese fotografiche ha detto Bruni - abbiamo accertato che Licursi, anzichè trattenersi in ufficio o recarsi in missione, si occupava di sue faccende personali».

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Le presunte condotte illecite di Licursi sono state accertate attraverso le immagini riprese con telecamere nascoste e con il sequestro di una corposa documentazione amministrativa. Il quadro che ne è emerso ha fatto rilevare, secondo l'accusa, la «marcata disinvoltura con la quale gli indagati hanno agito e reso necessaria l'emanazione del provvedimento cautelare eseguito oggi». Nell'ambito della stessa inchiesta il Gip, sempre su richiesta della Procura di Paola, ha disposto il sequestro per equivalente di beni riconducibili agli indagati per un valore di 12 mila euro.