Po in secca per la siccità record, campi senza piogge da due mesi: agricoltura in ginocchio. Coldiretti: «Servono invasi per l'acqua»

Il grano e le conseguenze della crisi Russia-Ucraina

Siccità record, Po in secca e campi senza piogge, l'allarme di Lorenzo Bazzana, Coldiretti: «Servono invasi per l'acqua»
Siccità record, Po in secca e campi senza piogge, l'allarme di Lorenzo Bazzana, Coldiretti: «Servono invasi per l'acqua»
di Paolo Ricci Bitti
Lunedì 14 Febbraio 2022, 18:58 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 06:45
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“Il Po in secca (sorgenti invisibili sul Monviso e quota -3,10 metri a Ponte della Bacca) come a Ferragosto? E il Sesia privo dell'80% dell'acqua? Preoccupante, molto, ma i prossimi mesi nei campi dovremo anche fare i conti con la siccità dovuta alla pesante carenza di acqua derivante dallo scioglimento della neve che finora non è caduta: siamo al 56% di precipitazioni in meno (dati Isac Nnr) rispetto all'anno scorso. Ora i fiumi sono in crisi per carenza di pioggia invernale, poi lo saranno per mancanza attuale di neve”.

Lorenzo Bazzana è il responsabile economico nazionale di Coldiretti: non sta a lui scrutare i cieli e registrare i dati dei pluviometri, peraltro a secco in gran parte d'Italia, sta a lui fare i conti dei danni causati da una siccità, che si teme possa divenire endemica, e allestire strategie per fronteggiarla.

Non piove da quasi due mesi, la perturbazione di San Valentino si è rivelata ben poca cosa: mancano, statistiche alla mano, quasi 5 miliardi di metri cubi di pioggia rispetto al quantitativo medio. La mancanza di precipitazioni tocca punte che arrivano al 76% nel Nord-Ovest e al 72% in Sardegna.

Lorenzo Bazzana

“Il paradosso è che se facessimo questi discorsi a fine anno, tenendo conto solo dei dati assoluti, scopriremmo che non si può effettivamente parlare di siccità per carenza di precipitazioni: sommando i numeri di tutto l'anno, più o meno, ritroveremmo le stesse precipitazioni degli anni precedenti. Il problema, che pare purtroppo stabilizzarsi per colpa del cambiamento climatico, è la schizofrenia delle precipitazioni. Due o tre mesi senza una goccia, poi nubifragi che in poche ore scaricano sul suolo l'equivalente di acqua attesa in molti mesi. Acqua che, in queste condizioni, non solo non comporta benefici, ma crea forti danni. E poi c'è anche da registrare anche l'andamento delle temperature: + 0.55 gradi sopra la media stagionale invernale con punte di + 3 gradi in Piemonte e Liguria. Un caldo anomalo che stimola crescite fuori stagione esposte poi a gelate micidiali come quella dello scorso aprile”.

Orzo, frumento e loietto iniziano ora la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa, a rischio lo sviluppo dei prati destinati all'alimentazione degli animali. E presto partiranno le lavorazioni per la semina del mais, ma con i terreni aridi e duri le operazioni potrebbero essere assai complicate e più costose del solito. E del sostenibile per i coltivatori.

Che cosa possono fare le aziende agricole, circa 1,5 milioni, del comparto agrialimentare che vale un quarto del Pil?

“Le prossime settimane saranno decisive: ora molte coltivazioni, appena germinate, non sono ancora "stressate", ma poi dovranno avere acqua per continuare a crescere. L'attività degli agricoltori non è limitata alla produzione, ma alla tutela stessa del territorio. Anche grazie ai fondi del Pnrr si spera di poter avviare un vasto piano di realizzazione di invasi e di opere per il recupero delle acque e per la loro conservazione. E poi vanno individuate colture adatte agli anni che ci aspettano, anni con ridotte dotazioni di acqua, mi riferisco in particolare ai cereali”.

La diffusione capillare dell'irrigazione a goccia può essere una soluzione?

“Di certo l'efficienza degli impianti e il loro miglioramento sono importanti, ma attenzione, l'irrigazione a goccia non può essere l'unica risposta. Come dicevo, l'attività degli agricoltori tutela l'intero territorio e non solo quello ristrettissimo attorno alle piante. L'acqua usata per irrigare tradizionalmente le coltivazioni alimenta anche il territorio circostante che ospita altre piante, animali, pesci e insetti: un ecosistema importante per l'equilibrio del territorio che non può essere lasciato fuori dalle pratiche di irrigazione che fanno leva anche sulle tecniche millenarie di irreggimentazione delle acque”.

L'Italia è costretta a importare il 60% del grano che le serve per pane e pasta, eppure da anni si assiste a una riduzione delle superfici coltivate. E ora arrivano pure le conseguenze della crisi Russia-Ucraina.

“Sì, una situazione complessa che impone azioni comuni e coordinate. Da anni i prezzi bassi della materia prima non remunerano gli agricoltori che passano quindi a altre coltivazioni. Poi, quando i prezzi si alzano, arrivano le maggiorazioni dei costi di coltivazione (carburanti, energia elettrica) che riducono di nuovo i margini. E questo vale anche per il frumento e il mais. Di questi prodotti non si può però fare a meno e quindi gli effetti di siccità, rincari dell'energia e crisi internazionali non possono ricadere solo sulle spalle degli agricoltori”.

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