Stefano Leo, il killer confessa: l'ho ucciso perché era troppo felice

Torino, 27enne fermato per l'omicidio di Stefano Leo: avrebbe confessato
Torino, 27enne fermato per l'omicidio di Stefano Leo: avrebbe confessato
Domenica 31 Marzo 2019, 22:40 - Ultimo agg. 1 Aprile, 20:37
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«Volevo ammazzare un ragazzo come me. Volevo togliergli tutte le promesse che aveva, la promessa dei figli. Volevo toglierlo ai suoi amici e ai suoi parenti». Quando gli hanno chiesto perché ha impugnato il coltello, Said Mechaquat ha risposto così. E quando gli hanno chiesto perché ha scelto proprio Stefano, ha risposto che non sopportava quella sua «aria felice e serena». 

Stefano fu ucciso a coltellate, in pieno giorno e in mezzo alla strada

Stefano Leo, 34 anni, commesso in un negozio di abbigliamento del centro storico di Torino, appassionato di filosofie orientali, è dunque morto per questa ragione. La spiegazione sconcertante di un delitto che era sembrato assurdo fin dai primi istanti. «Il movente che ci è stato raccontato fa venire i brividi lungo la schiena», ammette il procuratore Paolo Borgna. La strada di Stefano, da tutti descritto come un uomo mite, solare, perennemente con il sorriso sulle labbra, in pace con sè stesso e con il mondo, il 23 febbraio ha incrociato per caso quella di Said, ventisettenne sbandato dalla vita distrutta, su un vialetto alberato lungo il fiume Po. Ed è stato un attimo.

L'assassino, da dietro le spalle, gli ha tranciato di netto la trachea con un coltello da cucina lungo 20 centimetri. Stefano, come dicono i consulenti medici, è morto in pochi secondi, affogato nel proprio sangue. Il racconto di Said, che si è presentato spontaneamente alle forze dell'ordine domenica scorsa, è stato accuratamente vagliato dai carabinieri del nucleo investigativo, coordinati dai pm Ciro Santoriello ed Enzo Bucarelli, ed è risultato credibile. 

 


L'arma era proprio nel posto in cui Said ha detto di averla nascosta, una cabina dell'Enel a qualche chilometro di distanza. E la sua corporatura è «compatibile» con quella del misterioso individuo ripreso da una telecamera mentre si allontanava. I pm, alla luce della confessione e del pericolo di fuga (l'uomo non ha alcun legame e non ha dimora) ne hanno disposto il fermo. La morte di Stefano aveva destato profonda impressione in città. Un delitto incomprensibile. Gli investigatori stavano battendo ogni pista immaginabile, da quella del balordo alla ricerca di qualche spicciolo a quella di una vendetta maturata negli anni in cui il giovane aveva soggiornato in Australia o in Giappone.

«Ma così come è stata presentata - dice l'avvocato Basilio Foti, che ha preso le difese di Said - è stata una scelta tragicamente casuale. Il mio assistito è uscito dal dormitorio, è andato al supermercato, ha comprato un coltello di venti centimetri e ha ucciso». Il legale comunque sottolinea che «non c'è logica nel racconto: dice di avere colpito con la sinistra, ma lui è destro». Dubbi che nei prossimi giorni verranno affrontati all'udienza di convalida del fermo. Cui seguirà una perizia psichiatrica. Said, 27 anni, è nato in Marocco ed è arrivato in Italia da bambino. Ha un lontano precedente per maltrattamenti in famiglia. Per un pò ha lavorato come cuoco. La moglie lo ha lasciato nel 2015 e «la cosa peggiore - ha raccontato Said - è sapere che mio figlio chiama papà il suo nuovo amico».

L'aiuto degli assistenti sociali non è bastato. Si era trasferito in Marocco, poi a Ibiza, quindi era tornato a Torino. Dove non aveva né occupazione né casa. «Un senzatetto - lo descrive il comandante provinciale dei carabinieri, Francesco Rizzo - senza soldi per mangiare. Non aveva il telefonino». Che alla fine ha deciso di trascinare nella propria distruzione un'altra vita. «Farò di tutto perché la famiglia del povero Stefano ottenga giustizia», dice Matteo Salvini, mentre il senatore leghista Roberto Calderoli parla di vicenda che va «oltre ogni abisso di follia» ma chiede che «nessuno tiri fuori la storiella dell'infermità mentale». «Torino è da sempre una città solidale - dice l'assessore Sonia Schellino - e mi rifiuto di pensare che la povertà o una società difficile creino un assassino a sangue freddo».​

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