Coronavirus: verifiche a distanza e cure a domicilio. Funziona il piano della Asl con i medici di base

La videoconferenza della Asl, da sinistra Giovanni Cirlli, Giuseppe Visconti e Giorgio Casati
La videoconferenza della Asl, da sinistra Giovanni Cirlli, Giuseppe Visconti e Giorgio Casati
di Giovanni Del Giaccio
Sabato 11 Aprile 2020, 12:00 - Ultimo agg. 12:30
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In tre casi ha funzionato già, con l’immediato trasferimento del paziente da casa all’ospedale. Un sistema di monitoraggio a distanza dei pazienti positivi al Covid 19 ma “paucisintomatici” - cioè che presentano pochi sintomi - affidato ai medici di base in stretto collegamento con la Asl.

Una svolta che ha consentito e consente di verificare le condizioni di migliaia di persone. Lo scambio tra l’azienda sanitaria - attraverso il dipartimento funzionale delle attività distrettuali, diretto da Belardino Rossi - e i medici di base, prevede di seguire quattro fasi della malattia a domicilio, anche grazie alla telemedicina.

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Nel primo si tratta di un paziente con sintomi da raffreddamento, senza febbre o febbre inferiore a 37,6 senza comorbilità e di età inferiore ai70 anni che sono “telemonitorati” due volte al giorno, con controllo della temperatura. Nel secondo è presente tosse secca, ci sono sintomi da raffreddamento, ancora senza febbre, ma con comorbilità ed età maggiore di 70 anni, si conferma il telemonitoraggio e la sorveglianza clinica del medico di base, oltre a un consulto specialistico. Da questo caso in poi, se occorre, ci sono anche indicazioni sui farmaci da somministrare, sempre a domicilio. Se la situazione si aggrava e cioè la temperatura corporea supera i 37,5° gradi ma è inferiore a 38.6, c’è tosse secca stizzosa, sintomi da raffreddamento senza dispnea - cioè in assenza di sintomi respiratori - ancora telemonitoraggio, sorveglianza del medico di famiglia e consulto specialistico. Se la temperatura supera i 38,5 gradi, c’è tosse secca stizzosa continua ma non sintomi respiratori, né “impegno polmonare”, resta la procedura di telemonitoraggio ed eventuale consulenza ma si valuta la situazione più approfonditamente, soprattutto in presenza di altre patologie. In caso di aggravamento, invece, si ricorre all’ospedale. Come è stato, appunto, in tre casi: pazienti seguiti, trattati, per i quali solo dopo l’aggravamento c’è stato il ricovero. Evitando un accesso improprio in ospedale, ad esempio, o comunque di gravare sul sistema che sta seguendo l’emergenza Covid.

IL PARERE
«È una sfida importantissima anche per noi - dice Giovanni 
Cirilli, segretario regionale e provinciale della Federazione dei medici di medicina generale - la possibilità che ci viene offerta di avere strumenti di controllo a distanza non solo è il futuro della nostra professione, ma in questo momento evita contatti con i pazienti che potrebbero essere rischiosi. Garantiamo comunque un’assistenza continua, i medici hanno ormai il cellulare acceso 24 ore su 24 e questo monitoraggio sta funzionando». Sono 430 quelli di base in provincia, più 70 pediatri di libera scelta: «Grazie al lavoro avviato con la centrale di continuità territoriale che la Asl aveva immaginato per alcune patologie croniche ci troviamo un passo avanti - aggiunge 
Cirilli - e siamo tra i primi in Italia a intervenire da remoto, grazie anche alla rete di supporto fornita dall’azienda e al collegamento con i servizi ospedalieri». Una strada tracciata, dunque, ma i colleghi come l’hanno presa? «Siamo un piccolo esercito diffuso a ogni angolo del territorio - conclude Cirilli - finora ci si occupava più di controllare se facevamo troppe prescrizioni o quanto tenevamo aperto lo studio, finalmente si è capito che possiamo rappresentare una risorsa importante in termini di prevenzione.

Mi sono confrontato con qualche collega, ci sarà pure un carico di lavoro maggiore in questo periodo ma non dobbiamo mai dimenticare che il paziente è al centro del nostro lavoro ».

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