Tina Montinaro a Latina: «La mafia non ha vinto, non ci ha fermato nemmeno il tritolo»

Tina Montinaro a Latina: «La mafia non ha vinto, non ci ha fermato nemmeno il tritolo»
di Monica Forlivesi
Giovedì 28 Novembre 2019, 16:55 - Ultimo agg. 16:58
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Non vuole essere chiamata la vedova di Antonio Montinaro, «mi dà un senso di distacco». Lei è la moglie del caposcorta di Giovanni Falcone. Una donna rimasta senza marito giovanissima e con due figli piccoli, a Napoli avrebbe avuto il sostegno della famiglia invece, dopo la strage di Capaci, è restata a Palermo, «perché quelli mi devono vedere ogni giorno». Ieri era Latina, la mattina al liceo Scientifico G.B. Grassi, il pomeriggio in piazza del Popolo sul palco con le autorità: alle sue spalle quel che resta della Croma sulla quale viaggiava la scorta del giudice Falcone, nome in codice Quarto Savona Quindici. Una grumo di lamiere impastato con la vita di Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.

«La mafia ha ucciso Antonio, ma non la sua famiglia, noi andiamo avanti, ed è questo che dobbiamo dimostrare, che il 23 maggio quel tritolo non li ha fermati, che loro non hanno vinto. Come si dice a Napoli: non ci hanno fatto niente. Avete sentito le parole di Antonio in un'intervista dieci giorni prima di morire: ho paura, ma non sono un vigliacco. E' questa la differenza tra le forze dell'ordine e i mafiosi: noi non siamo vigliacchi, loro sì. Noi non ci fermiamo, perché dobbiamo dare ai nostri giovani un futuro diverso da quello che qualcuno vorrebbe». La Quarto Savona Quindici continua a macinare chilometri, ora a scortarla c'è Tina Montinaro, l'accompagna per l'Italia perché nessuno dimentichi, perché la memoria va alimentata.

Sul palco c'è tanta forza delle donne, accanto a Tina Montinaro il Prefetto di Latina Maria Rosa Trio: «Sono siciliana, ho lavorato a Palermo in Prefettura diversi anni e so cosa significa avere a che fare con questi problemi». Ricorda il generale Dalla Chiesa, le stragi di mafia, la reazione della società civile: «Bisogna stare con la schiena dritta, anche i piccoli gesti possono essere mafiosi, dai soprusi quotidiani al bullismo. Palermo si è rialzata, si è ribellata alla mafia, abbiamo tanti beni confiscati dove i giovani hanno costituito delle cooperative e ora lavorano, hanno dato un segnale forte. Ecco, noi dobbiamo onorare attraverso la nostra azione quotidiana la memoria di queste persone diventate eroi senza volerlo».
Poco prima il sindaco Damiano Coletta si era soffermato sulle scelte: «Nella vita devi scegliere se stare di qua o di là, a partire da colui che oggi amministra questa città, che ha fatto la scelta dal 2015, dall'inchiesta Don't touch, di uscire dalla connivenza con il malaffare che si era infiltrato nella politica. Oggi questa città ha rialzato la testa. La strada della legalità non è facile, per sconfinare basta poco: concedere un cambio di destinazione d'uso, non chiudere un locale che non è in regola. Un no spesso è faticoso: perdi consenso, ma stai con la schiena dritta e la testa alta, è la scelta che abbiamo fatto noi, è un investimento sul futuro».

Emozionante l'intervento del Questore di Latina Rosaria Amato: «L'equipaggio della Croma era della polizia di Stato, indossava la stessa giubba, gli stessi miei colori. Quello che vogliamo suscitare con i resti racchiusi in quella teca non sono emozioni passeggere, ma uno stimolo alle coscienze, a quelle che sono da sempre addormentate perché vivono nell'indifferenza: non sono fatti miei. A quelle che facciamo tacere: perché gli interessi personali contano più di quelli della collettività. Mi auguro che questa teca risvegli qualche coscienza, perché anche in questa città ce n'è bisogno. Un ultimo pensiero: non mi rivolgo solo a Tina, alla memoria di Antonio, Vito, Rocco, ma a tutti gli uomini e le donne delle forze dell'ordine, ai miei, ma anche a quelli dei carabinieri e della guardia di finanza, perché questo è un mestiere che ci espone tutti i giorni a dei rischi. Ma il nostro è un Paese strano, si diventa eroi solo dopo le tragedie, poi negli altri giorni dell'anno siamo denigrati, ci sputano addosso, ci offendono. Vorrei chiedervi per tutti loro un applauso». La piazza è con il Questore Rosaria Amato, l'applauso è lungo, sentito. Al suo fianco ci sono il comandante provinciale dei carabinieri Gabriele Vitagliano, il comandante provinciale della Guardia di Finanza Michele Bosco e una rappresentanza della Procura della Repubblica e del Tribunale di Latina.

Gianpiero Cioffredi, presidente dell'Osservatorio per la sicurezza e la legalità esprime l'orgoglio della Regione perché «insieme a Prefettura, Questura e Comune, siamo riusciti a portare a Latina la teca con i resti della Croma che sarà esposta fino al 3 dicembre sotto il porticato dell'Intendenza di Finanza.

La Quarto Savona Quindici è una reliquia laica che rappresenta un monito per non dimenticare le vittime innocenti di mafie e un simbolo di speranza e impegno contro la criminalità organizzata a Latina e nel Lazio». Tutti i cittadini che andranno a rendere omaggio alla teca aggiungeranno simbolicamente carburante a quella Croma che nemmeno il tritolo è riuscito a fermare.

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