Franzoni, moderna Medea che nessuno vuole perdonare

di Rosaria Cataletto *
Sabato 9 Febbraio 2019, 17:00
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Ritorna con prepotenza nella vita di ognuno la Franzoni, la madre che per antonomasia é la Medea dei nostri tempi, frutto di un disagio, di un malessere, mai visto dagli altri, mai percepito o sentito nella sua gravità. Cosi uniformata al sistema di vita quotidiano che mai è crollata, mai hai ceduto, diventando prigioniera di un dolore che non poteva sentire. Sempre lucida nei suoi racconti, sempre attenta nelle sue versioni, mai in manifesta contraddizione. 
Mai sapremo la verità su quell'atroce delitto, ma resta un fatto: per la pubblica opinione é colpevole. Colpevole per la lucidità con la quale le sue emozioni sono state gestite in un momento in cui il dolore doveva essere divampante, fagocitante. Colpevole di avere proiettato la sua vita verso il nuovo, quella stessa mattina, quando alla notizia della morte di Samuele, programmò già la nascita di un altro figlio. Colpevole di quelle lacrime che solcavano il suo viso, non per il vuoto lasciato dal suo bambino, ma per l'incertezza che la vita le riservava.

Perché non si perdona la Franzoni? Perché non ha mai dato il minimo cenno di cedimento. La morte di un figlio é qualcosa che trascina nel baratro più profondo, sia che sia stata la madre la mano assassina, sia che sia stato un terzo. Il peso di quel gesto diventa cosi insopportabile, che spesso la morte diventa una liberazione a quel dolore. Tanti sono i casi di madri Medea, uccidere il proprio figlio é innaturale ma ci sono circostanze molteplici che possono spingere a questo gesto estremo. La depressione, varie forme di psicosi, un disturbo dissociativo. Ci sono madri che uccidono pur non presentando nulla di tutto questo, se non la mancanza assoluta di empatia, che non permette di vedere nell'altro il dolore, la paura, l'estensione del proprio se. É come se ci fosse la frantumazione dello specchio che riflette la propria immagine. Ma anche in questi casi, la consapevolezza dopo prende il sopravvento, si cade nel pentimento, le difese crollano, la coscienza si ribella. Per cui, confessare quel crimine diventa un atto liberatorio per la stessa coscienza anche se ci espone con una cruenza ancora maggiore al deterioramenro della propria immagine esterna. 

Per la Franzoni non é stato così.  
«Capace di intendere e volere», «socialmente pericolosa per gli altri», «fine manipolatrice», sono solo alcune delle espressioni usate a riguardo nei confronti della stessa, nelle  diverse CTU. Tutte concordanti nel confermare la sua volontà e consapevolezza nella scelta delle sue azioni. 

La sua costante negazione ha influito non poco nelle diagnosi tra i suoi aspetti patologici (pochi a dire il vero) e gli aspetti criminologici che vanno a vedere il reato nella sua totale globalità, compreso di anamnesi e storia di vita. 

Ancora oggi la Franzoni, nella sua apparente calma, nel controllo eccessivo delle sue emozioni, nel rigido rigore alla sua aggressività, divide l'italia tra innocentisti e colpevolisti. 

Forse mai sapremo la verità, forse mai vedremo lacrime per il piccolo Samuele, forse sempre avremo dubbi su questa madre, tanto avulsa dell'immaginario collettivo ma é certo che figli non possono essere le vittime della follia di un genitore, non hanno chiesto loro di essere messi al mondo. I figli non sono un gioco, un oggetto, che ad un utillizzo non appagante, vengono rottamati.  Non ci si può arrogare l’onnipotenza di dare la vita e poi di toglierla. Si tratta di gesti estremi che nascono da un profondo malessere.  È innaturale che si muoia per mano di chi ha donato la vita e che dovrebbe, invece,  insegnare ad affrontare questa.

* psicologa, criminologa
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