Gentile Direttore,
Beppe Grillo è indagato a Milano per traffico di influenze insieme all’armatore Vincenzo Onorato. L’accusa è di mediazione illecita, che Grillo avrebbe operato (attraverso l’azione dei parlamentari M5S a favore del gruppo di navigazione marittimo) nei confronti del gruppo Moby di Onorato in cambio di un presunto compenso da 240mila euro. L’armatore avrebbe versato alla società di comunicazione di Grillo un compenso di 120.000 euro l’anno per gli anni 2018 e 2019, per diffondere sul web contenuti redazionali per il marchio Moby. Si ipotizza un’attività di lobbying. Sembra quasi una beffa se pensiamo al 2019 e all’approvazione della “legge spazzacorrotti” voluta dal guardasigilli Bonafede e accolta con entusiasmo dai grillini, in cui il reato di traffico di influenze illecite – a detta dei giuristi – è divenuto persino più indeterminato e fumoso, dunque ancor più pericoloso. Stavolta più che mai, Grillo è vittima del suo stesso giustizialismo. Da garantista mi auguro che il comico esca indenne dall’inchiesta milanese.
Antonio Cascone
Padova
Caro Antonio,
Beppe Grillo e il grillismo si sono autocircondati, per parafrasare il comico-capo del Movimento 5Stelle. Nemmeno il sommo Dante Alighieri avrebbe potuto immaginare un contrappasso così infernale (per Grillo). E come se non bastasse, l’inchiesta che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di chi voleva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, nasce da una intercettazione del tanto inviso (da Grillo) Matteo Renzi. Una doppia nemesi. Prima di Grillo per questo reato, previsto solo dal codice italiano, sono stati indagati Tiziano Renzi, babbo di Matteo, Marco Milanese, ex consigliere di Tremonti, Gianluca Gemelli, compagno dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi. Tutti bersagli delle campagne movimentiste. Come ha scritto, mirabilmente, Mattia Feltri su La Stampa di martedì scorso, il traffico di influenze è una follia giuridica: un solo condannato tra il 2013 e il 2016 (Milanese per il Mose di Venezia) e 3 rinviati a giudizio. Pensate a quale perdita di tempo nei tribunali. E a quante risorse sottratte a inseguire altri illeciti ben più seri e a fare giustizia.
Federico Monga