Gentile Direttore,
l’avvento di internet e della tecnologia mobile, negli ultimi anni, ha stravolto completamente le nostre abitudini ed i nostri modi di fare. Le persone sanno bene cosa vogliono e se, hanno necessità o problemi, vanno a cercare sul web. Google, Amazon, Microsoft, Huawei ci dicono che il nostro futuro economico, culturale, politico, antropologico e sociale sarà deciso sempre più in una situazione di oligopolio dall’influenza di questi grandi colossi. Una caratterizzazione molto forte a livello planetario. Ritiene che la politica deve prenderne non solo atto ma anche regolare, con una valida e moderna alternativa, il capitalismo digitale venutosi a creare? Il problema è sempre più stringente.
Almerico Pagano
Scafati
Caro Almerico,
da che mondo e mondo il progresso tecnologico, frutto sempre del sapere umano, anticipa la regolamentazione. Il codice della strada, tanto per fare un esempio, è arrivato dopo l’invenzione dell’automobile. La rivoluzione industriale ha favorito, dopo anni di deregulation, la nascita dei contratti collettivi di lavoro. La rivoluzione digitale ha travolto la nostra società. Non sono mai stato favorevole a un eccesso di regole ma nemmeno per la prateria legislativa. I giganti del web, fino ad ora, hanno vissuto (quasi sempre) al di sopra delle regole. Mi riferisco alla possibilità di scantonare il fisco, di infischiarsene della proprietà intellettuale, della responsabilità giuridica sulle opinioni veicolate e anche, ben oltre una certa misura, della nostra privacy. La politica non può più tergiversare. Più che vietare deve assumersi la grande responsabilità, almeno se ci riferiamo alle democrazie liberali, di regolamentare, avendo ben presente che l’abbaglio della libertà assoluta non è altro che una dittatura del più forte sotto mentite spoglie.