La fuga dalle aziende e l'Italia non competitiva

La fuga dalle aziende e l'Italia non competitiva
Lunedì 26 Luglio 2021, 23:55 - Ultimo agg. 28 Luglio, 19:34
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Egregio direttore, dalla lettura di articoli economici si evince che la causa principale delle delocalizzazioni delle imprese risieda nel rigido rapporto tra il costo del lavoro ed il prezzo del prodotto finito, e che ciò dipenderebbe dalla mancanza di democrazia economica nel nostro sistema produttivo, cioè dalla mancata partecipazione della rappresentanza operaia alle decisioni imprenditoriali nelle crisi di impresa che possono condurre a delocalizzare. Ciò è vero, ma è anche vero che sulle decisioni di delocalizzazione incidono anche altri fattori nel nostro Paese: la difficile conversione della mano d’opera, la durata dei processi giudiziari, la pressione fiscale, la penetrante intrusione della delinquenza organizzata nei processi produttivi. 

Antonio Durante
Napoli

Caro Antonio, non nascondiamoci: la prima ragione della delocalizzazione è l’incolmabile differenza del costo del lavoro. L’Italia, con tutti i suoi difetti, così come la Germania, la Francia e la maggior parte dei Paesi occidentali non potranno mai competere in quanto a costi, tutela dei diritti con l’Est Europa né tantomeno con l’Estremo Oriente.

Certo ci si può e ci si deve difendere. Prima di tutto chiudendo i rubinetti degli aiuti e delle agevolazioni a tutte le imprese nostrane che decidono di andare all’estero, per lo meno fuori dai confini commerciali dell’Unione europea. Ma il vero punto, come per la fuga dei cervelli, non è tanto chi se ne va ma chi non arriva in Italia. E qui il nostro Paese ha molto da fare. E il Recovery resta l’ultima occasione con le sue improcrastinabili riforme della giustizia soprattutto civile, della macchina statale, del fisco, del lavoro per rimettere al centro del mercato manifatturiero il nostro Paese. Speriamo che tutti i partiti al governo l’abbiano capito, altrimenti il declino continuerà. 

Federico Monga

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