Gentile direttore, in una intervista al TG 1, il cantante Jovanotti parlando di poesia diceva: «Abbiamo bisogno di poesia, un libro di poesie stimola i sentimenti e ti riempie l’anima». Vero! Solo che poi ti affacci alla finestra sognando di dare uno sguardo al mondo e ti accorgi che la poesia è violentata, calpestata, incompresa, derisa, la poesia è morta. L’hanno uccisa un mondo e una società rivolti al materialismo, dove i grandi poeti del passato sono stati messi in discussione principalmente da chi dovrebbe incentivarne lo studio e gli approfondimenti. La poesia non è fine a sé stessa, la poesia è una parte importante della letteratura. Oltre a dare maggiore spazio alla cultura agisce inconsciamente, modellando i sentimenti e dando dolcezza alla vita. Che ne pensa, direttore?
Sergio Pinto
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Caro Sergio, non sono d’accordo con lei: la poesia è immortale. Ce lo hanno ricordato tra i tanti:
John Fitzgerald Kennedy: «Quando il potere porta l’uomo verso l’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe la sfera di interesse dell’uomo, la poesia gli ricorda la ricchezza e la diversità dell’esistenza. Quando il potere corrompe, la poesia rigenera».
Grazia Deledda: «Se vostro figlio vuole fare lo scrittore o il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciatelo di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli altri».
Charles Baudelaire: «Ogni uomo in buona salute può fare a meno di mangiare per due giorni; della poesia, mai».
E Federico Garcia Lorca: «La poesia non cerca seguaci, cerca amanti».
Federico Monga