Prendere un caffè a Napoli ​è cultura non una pausa

Prendere un caffè a Napoli è cultura non una pausa
di Federico Monga
Lunedì 29 Marzo 2021, 08:00
2 Minuti di Lettura

Gentile Direttore,
la decisione di non decidere sull’elevazione del caffè espresso napoletano a patrimonio dell’umanità mi fa sospettare il peggio. Vuoi vedere che fra un anno, quando dicono di voler decidere, varrà più il progetto settentrionale a danno di quello napoletano? Mi sa che non tanto viene digerito il nostro giustissimo primato nel riconoscimento del patrimonio immateriale dell’umanità rispetto all’arte della pizza. Ma si ha davvero qualche dubbio che la pizza sia NAPOLETANA a tutti gli effetti. E vogliamo parlare allora del caffè? Ma dove si può bere, se non a Napoli, una bella tazzulella di caffè? Corposo, fragrante, cremoso. Il caffè è nostro, è napoletano. È un rito che solo la pandemia ha potuto confinare tra i desideri. Il caffè è napoletano!

Dr. Marino Lallo
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Caro Marino,
tra gli elementi identitari della cultura partenopea il caffè occupa senz’altro un posto di primo piano.

Al pari del teatro, dell’opera buffa, della canzone, del cinema e delle tradizioni popolari, il rito dell’espresso napoletano affonda le sue radici in quell’universo di valori che connota il «sentimento» di una comunità. Tant’è che da Goethe a Eduardo De Filippo, da Nanni Loy a Fabrizio De Andrè, da Pino Daniele a Luciano De Crescenzo, l’elogio del caffè compare nella gran parte della produzione artistica di Napoli città-mondo. «Prendere un caffè», a queste latitudini, non è solo un modo per concedersi un piacevole «break», ma un sinonimo di condivisione e di relazioni. Un caffè non si beve da soli, è piuttosto un piacevole pretesto per incontrarsi, per alimentare quella rete di conoscenze e di socialità che è da sempre parte integrante della vita quotidiana dei napoletani. Intorno a un caffè, nei secoli, intellettuali, artisti, letterati si sono scambiati idee e progetti. Non credo succeda anche ad altre latitudini.

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