Il mitico “Collana” emblema dello scarso impegno civile

Il mitico “Collana” emblema dello scarso impegno civile
Giovedì 29 Luglio 2021, 08:00
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Caro direttore,
ogni volta che passo per piazza 4 Giornate e vedo lo stadio Collana chiuso e malridotto, onestamente mi viene il magone. Eppure a suo tempo vi giocava il Napoli e lo stadio era sempre pieno, in seguito si serviva del campo l’Internapoli di Giorgione Chinaglia, Massa e Pino Wilson. Io stesso da calciatore dilettante del Marianella quando avevo 18 anni vi giocai una partita di campionato sopra un manto erboso molto curato. E fino a pochi anni fa vi giocava il Napoli Calcio Femminile al sabato. C’era la pista per l’atletica leggera, la palestra per la scherma. Poi il lento declino, l’abbandono, qualche finta ripresa. Le discussioni tra la Regione Campania e la Giano. Dico io: si può andare avanti così?

Elio Guerriero
Napoli

Caro Elio,
l’immagine del mitico stadio Collana - lei ne ha ricordato in poche righe i protagonisti e le imprese sportive - fa ancora più male in questi giorni di trionfi olimpici anche per molti atleti napoletani e campani.

Purtroppo è uno dei tanti simboli di una città, da anni, la sciata in balìa di sé stessa e delle sue magagne. La battaglia su chi dovesse gestire l’impianto ha fatto il resto, dimostrando ancora una volta che se non si è in grado di fare squadra ma ci si divide su tutto, non c’è altro risultato al di fuori della sconfitta. Il Collana ha anche perso il treno delle Universiadi che ha consentito invece a molti impianti di tornare a nuova vita e soprattutto di continuarla, almeno fino ad ora, una volta terminato l’evento. Lo sport, ma non è solo cosa di Napoli, troppo spesso è trattato come la Cenerentola dell’impegno civile e della crescita, non solo fisica, dei nostri ragazzi. Ce ne ricordiamo solo ogni quatto anni sulle ali delle emozioni di campioni sconosciuti troppo spesso obbligati a percorrere centinaia di chilometri per trovare strutture sportive all’altezza del loro impegno, della loro fatica, della loro gloria e della lor passione. 

Federico Monga

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