Quando arriva la Juve al tifoso non si comanda

Quando arriva la Juve al tifoso non si comanda
Mercoledì 13 Ottobre 2021, 23:55
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Gentile direttore, il Napoli è in testa al campionato e sta disputando una bella cavalcata. Con Spalletti è tutta un’altra storia e mi auguro che Insigne continui ad essere la nostra bandiera (io sono d’accordo). Confesso (ma è facile capirlo) che sono tifoso fino al midollo del Napoli e che nelle mie vene scorre sangue azzurro. E non posso non esultare, guardando dietro di noi la Juventus, che tante volte ci ha creato amarezze, guardandoci dall’alto in basso. Il campionato è lungo, ma intanto io posso guardare la Zebra dall’alto in basso e cantare “ciao, ciao, ciao Juve” . Aggiungo che non odio nessuno, il calcio è calcio e non associo altra ideologia, men che mai quella violenta. Però mi godo il momento e sono felice. Mi dica, gentile direttore che tante volte si è detto tifoso, ma sono forse malato?

Mario Esposito
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Caro Mario, il tifo è «una malattia che non va più via come cantano i tifosi del Manchester United. È una bellissima malattia».

L’unica bella malattia, forse. Al tifoso non si può chiedere di essere lucido e nemmeno sincero. Non si può e non si deve pretendere distacco ed equidistanza. Il tifoso è partigiano, non può essere sportivo. Il tifoso, diciamocelo, è il contrario di De Coubertain. Il tifo, soprattutto se si tratta di certe squadre come il suo Napoli e il mio Torino che domenica saranno purtroppo avversari, è anche identità. E all’identità come al cuore non si comanda. Il tifoso è tutta pancia e niente cervello. Noi, azzurri e granata, quando di mezzo c’è la Juve, siamo un po’ come gli scozzesi che hanno due squadre: la Scozia, appunto, e chi gioca contro l’Inghilterra, qualunque essa sia. Il tifo è sentimento. È fatto di momenti intensi e irripetibili. E allora se lo goda questo momento. Continui a cantare e a sognare senza stare a pensare se finirà, se continuerà a lungo, magari fino alle fine. Perché il tifoso non si deve fare troppe domande.

Federico Monga

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