Egregio Direttore,
ho pensato a lungo se scrivere la presente, ben sapendo che quanto verrò a esporre potrebbe essere ritenuto sintomo di regresso, tendenza chiara verso atteggiamenti retrivi. Ma alla fine ho pensato che, tra le tante reazioni avverse, potrei anche ottenere qualche consenso. Mi riferisco al grande aumento di insulti, tramite messaggi social. Una corsa all’offesa. In realtà i termini adoperati si discostano dal significato del vocabolo, evidenziando soltanto desiderio di sterile polemica. E poi l’uso del dialetto: ciò potrebbe senz’altro andar bene, nello spirito del recupero della nostra identità, arrivando a sostenere che il napoletano ha la dignità di una lingua, non l’arretratezza di un vernacolo; ma purtroppo i testi hanno, il più delle volte, una quantità di strafalcioni ed incongruenze intollerabili, segno evidente d’una assoluta ignoranza del napoletano (oltre che dell’italiano!). Coloro i quali si affidano (solo) al mezzo elettronico per sfogarsi evidenziano povertà d’idee, spirito distruttivo e non proposte di miglioramenti. E, così facendo, spingono ad interrogarsi sull’opportunità dell’innovazione offerta da facebook, twitter ecc.
Claudio Martorelli
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Caro Claudio,
un tempo, quando ci si arrabbiava, la mano e la lingua prendevano il sopravvento.
Federico Monga