Achille Costacurta: «Ero schiavo dei social, mi sono fatto aiutare. E ho fatto pace con mamma e papà»

«Quando sei piccolo vedi tuo padre e tua madre come nemici. Soltanto quando cresci scopri che tutto quello che fanno per te lo fanno per uno scopo: per il tuo bene. All’improvviso cambi»

Achille Costacurta: «Ero schiavo dei social, mi sono fatto aiutare. E ho fatto pace con mamma e papà»
Achille Costacurta: «Ero schiavo dei social, mi sono fatto aiutare. E ho fatto pace con mamma e papà»
di Luca Uccello
Sabato 8 Aprile 2023, 16:48 - Ultimo agg. 10 Aprile, 20:58
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Pechino Express gli è servito. Lo ha aiutato. Gli è servito staccarsi da quel telefonino che lo avevano imprigionato. Al settimanale Dipiù, Achille Costacurta racconta come è uscito dalla dipendenza social che lo ha reso schiavo. Gli è servito l’amore di papà Alessandro Costacurta. E quello di sua mamma Martina Colombari. Un amore incondizionato per tirarsi fuori da un male giovanile: «Per me i social network sono stati come un gioco d’azzardo. Una vera e proprio dipendenza. Non riuscivo a farne a meno. Non riuscivo a uscirne. Trascorrevo le mie giornate a letto, con il telefonino in mano, a navigare sui profili altrui per vedere quello che facevano. A volte per imitarli e per fare meglio di loro. Sempre. È stato un periodo durissimo, che ho affrontato e superato anche grazie all’aiuto dei miei genitori che mi hanno capito e supportato». Missione riuscita.

C’è poco da fare «l’abitudine ti consuma.

Se non sei capace di uscirne, ti prende la vita. Ti porta via». E Achille ci è riuscito quando ha deciso di riprendere in mano la propria vita. «C’è voluto del tempo, sono stato aiutato e ne sono uscito. Adesso non sono più schiavo di quel mondo e mi godo ogni singolo minuto delle mie giornate. Spesso senza mandare o ricevere messaggi. Sono io a decidere quando leggere un messaggio oppure quando mandarlo».

Il rapporto con la tv 

Il suo rapporto con le telecamere? «La gente mi conosceva come “figlio di Martina Colombari e di Billy Costacurta”. Adesso mi conosce per quello che sono: un ragazzo normale, come tanti. Tenevo a non essere valutato per il mio cognome o per la popolarità dei miei genitori. Perché il segno che hanno lasciato loro è diverso dal segno che vorrei, un giorno, lasciare io».

E come? ««Sono certo che non lavorerò nel mondo della televisione. Vorrei lavorare nella moda, vorrei fare il modello e sfilare per i grandi marchi e più avanti mi piacerebbe fare l’imprenditore. Ho già alcune idee. L’anno scorso, durante una vacanza a Miami, negli Stati Uniti, ho notato che non c’è nemmeno una piadineria in quella città. Mia mamma è di Riccione, io sono cresciuto nella Riviera romagnola e sono sicuro che, se le conoscessero, gli americani andrebbero matti per le nostre piadine o per le nostre bruschette».

 

Prima di diventare maggiorenne, ha vissuto un periodo turbolento finendo sui giornali, sulle pagine delle cronache locali di Parma, per una rissa. Quando ha capito di essere cambiato?

Risposta sincera: «Non me la sento di ricordare quell’episodio: ero minorenne e, per me, è come se quella cosa non fosse mai accaduta. Ormai sono un’altra persona. All’epoca, il rapporto con i miei genitori era molto diverso: poi è scattato qualcosa che nemmeno io mi so spiegare. Qualcosa che, forse, si chiama amore. Quando sei piccolo vedi tuo padre e tua madre come nemici. Soltanto quando cresci scopri che tutto quello che fanno per te lo fanno per uno scopo: per il tuo bene. All’improvviso cambi»

E Achille come è cambiato? «Io ho deciso che non meritassero di soffrire per me. Ho iniziato a comprenderli. Mi sono reso conto che un genitore non farebbe mai male a un figlio. Anzi. Quando ho fatto mio quel concetto, quando ho capito che mio padre e mia madre non erano miei nemici ma le persone cui volevo più bene in assoluto, sono cambiato. Adesso siamo amici».

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