Chi sono i migranti climatici? «Vittime di carestia e mancanza di acqua»

Intervista ad Angelica de Vito, consulente climatico presso le Nazioni Unite

Intervista ad Angelica de Vito, consulente climatico presso le Nazioni Unite
Intervista ad Angelica de Vito, consulente climatico presso le Nazioni Unite
di Giorgia Verna
Martedì 18 Aprile 2023, 14:30
4 Minuti di Lettura

La crisi climatica è ormai al centro del dibattito politico e internazionale. Frane, alluvioni, carestie, mancanza di acqua e tutte le varie conseguenze dell'emergenza climatica sono ormai all'ordine del giorno sulle prime pagine di giornali e quotidiani. 

Da qualche giorno si parla delle centinaia di morti in Malawi a causa del ciclone Freddy: sarebbero 5 milioni, ad oggi, i migranti climatici. Ma cosa significa? 

A fare chiarezza per il Mattino è Angelica de Vito, consulente climatico presso le Nazioni Unite di New York. A soli 27 anni, Angelica è un orgoglio tutto partenopeo: nata a Napoli, si interessa alla questione migranti sin dal 2014, quando arrivò il primo barcone dalla Libia che non riuscì ad attraccare a Lampedusa e approdò a Napoli.

«Lì ho potuto toccare con mano la disperazione di chi scappava in ricerca di un rifugio e per la prima volta ho conosciuto i migranti climatici. Da una profonda curiosità ho deciso di studiare il cambiamento climatico con un focus sui diritti umani e ambientali»

Chi sono i migranti climatici?

Quando si parla di migrazione climatica il problema principale è la mancanza di una definizione. Nel diritto internazioanle non è presente un focus su questo tipo di categoria. «Ci sono due filoni in merito: il primo guarda ad un'interpretazione estensiva della Carta di Ginevra che dà all’articolo 1 la definizione di rifugiato e fa entrare nei motivi di persecuzione la carestia e la mancanza di acqua, quindi quei motivi che vanno a ledere la vita quotidiana di una persona».

«Il secondo filone va a guardare ad una protezione di tipo umanitario. Ci si lega alla Carta internazionale dei diritti dell’uomo, alla Carta di Nizza, seguendo l'idea di dare accoglienza a queste persone affinché non vedano lesi i loro diritti fondamentali».

Come si può notare, dunque, non vi è una definizione adeguata che includa questa tipologia di migrante, nonostante negli ultimi anni si sia fatto qualche passo avanti: il 28 luglio nel 2022 è stata firmata una risoluzione circa l’avvicinamento dei diritti umani al diritto ambientale. «In questo c’è tanto orgoglio italiano perché vi è stata la trasformazione del nostro diritto a vivere in un ambiente salubre, che è previsto dalla nostra Costituzione all’articolo 2 in combinato disposto con l’articolo 32».

Quanti sono e da dove vengono i migranti climatici?

«Le zone del mondo più colpite sono sicuramente localizzate nel Sud-est asiatico dove ci sono fenomeni come alluvioni e maremoti, che stanno diventando sempre più frequenti. La seconda zona è quella caraibica, dove vediamo un’esasperazione dei trend climatici e metereologici».

Attualmente si stimano 24 milioni di rifugiati climatici entro il 2030, «purtroppo alla luce di quanto successo negli ultimi 6 mesi questo dato è destinato ad aumentare non a diminuire, addirittura entro il 2026.

Gli scenari non sono dei più rosei».

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Cosa si può fare?

«In una città come Napoli dove c’è sempre bel tempo, è difficile riuscire a trasmettere l’urgenza di avvenimenti così bui, però ci sono stati episodi recenti che ci hanno fatto riflettere, penso alla frana di Ischia o le bombe d’acqua di questi giorni».

Angelica de Vito invita a riconoscere il problema ed essere pronti a reagire. «Vedo tanto sconforto tra i giovani che vorrebbero fare qualcosa, ma si sentono impotenti. Si parla oggi molto di ecoansia ed eco rabbia. Sarebbe bello inserire all'interno dei corsi universitari degli studi specifici sulla crisi climatica per continuare a parlare, discutere e sensibilizzare su questa emergenza». 

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