Federica Senno, architetto lascia lo studio e si mette ad allevare mucche: «Pur di pagare meno c'era chi preferiva gli stagisti»

Dopo diversi anni di professione in relazione al titolo di studio, nel 2019 ha salutato la compagnia alla quale era legata la prima parte della sua vita e ha voltato pagina, decidendo di tuffarsi nell'attività di famiglia

Federica Senno, architetto lascia lo studio e si mette ad allevare mucche: «Pur di pagare meno c'era chi preferiva affidarsi agli stagisti»
Federica Senno, architetto lascia lo studio e si mette ad allevare mucche: «Pur di pagare meno c'era chi preferiva affidarsi agli stagisti»
di Tiziano Graziottin
Venerdì 18 Novembre 2022, 18:58 - Ultimo agg. 22:04
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Nella nostra immaginazione le mucche stanno in montagna o negli allevamenti di pianura, diventa più difficile anche solo collocarle sui litorali. Eppure a Jesolo c'è una impresa a conduzione familiare affacciata sulla laguna nord, dalla quale la separa solo un canale, dove aria e terra rendono tutto un po' diverso. A cominciare dal latte prodotto dalle mucche dell'azienda Il giogo, non a caso in località Salsi, ovvero un alimento di alta qualità con particolari caratteristiche di salinità che, per una cerchia di appassionati, lo rendono unico. Ma il latte salino, se vogliamo ribattezzarlo così, non è l'unica particolarità di questa piccola realtà lagunare (poco più di una cinquantina di capi) a trazione femminile - la titolare è mamma Diana Orlando - che da qualche anno vede nel piccolo staff anche Federica Senno, 36 anni, architetto laureata allo Iuav. Che dopo diversi anni di professione in relazione al titolo di studio, nel 2019 ha salutato la compagnia alla quale era legata la prima parte della sua vita e ha voltato pagina, decidendo di tuffarsi nell'attività di famiglia. E dal momento che l'architetto ha l'approccio del manager e qualche idea buona, da febbraio è pure diventata presidente provinciale della Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Venezia, prima donna ad assumere questo ruolo a livello veneto. «Sì - osserva quasi schernendosi - è stata una bella rivoluzione personale. Dopo la laurea allo Iauv ho lavorato alcuni anni in studi di architettura a Mestre, ma non ero granchè soddisfatta sul piano professionale. E poi faceva male vedere che pur di pagare meno c'era chi preferiva affidarsi agli stagisti. A casa davo una mano saltuariamente, nei ritagli che mi lasciava il primo lavoro, ma quest'aria l'ho sempre respirata, ci sono sempre stata bene. Ho cominciato a pensare perchè no?, poi ne ho parlato in famiglia».


E com'è andata?
«Siamo gente pragmatica, non servono tante parole.

Mi hanno accolto, da una parte consapevoli che chiudevo una parte della vita alla quale erano state legate anche delle aspettative e un percorso di studi, ma dall'altra non indifferenti al fatto che rientrava una di famiglia pronta a rimboccarsi le maniche».


In che modo è ripartita con la sua seconda vita?
«Non volevo rientrare essendo un peso, nemmeno nella fase iniziale. Mentre andava a concludersi la mia esperienza come architetto ho frequentato dei corsi per impadronirmi subito delle competenze e di capacità utili nell'agricoltura e nell'allevamento. Una full immersion, ma ne è valsa la pena».


La vostra è una piccola impresa a conduzione familiare: ma ci sono ancora spazi per attività di questo tipo? Detta più brutalmente: come fate a stare in piedi?
«Vero, siamo piccoli ma la mia famiglia ha sempre puntato sull'innovazione, mio nonno Armando (91enne, ndr) e mio padre Sandro hanno sempre cercato di guardare oltre il quotidiano, io e mio fratello Marco seguiamo questo solco. Per dire: i pannelli fotovoltaci - di cui oggi in relazione alle tenute agricole parlano tutti - noi li abbiamo messi sui capannoni ormai dieci anni fa. Un altro investimento importante in azienda è stata l'installazione nel 2019 di un sistema per gestire i reflui delle mucche che ci permette di separare il solido dal liquame, riducendo le emissioni in atmosfera e recuperando produttività da un lato e spazi preziosi per far star meglio gli animali dall'altro».


Prima la pandemia, poi l'abbinata siccità e crisi energetica...
«Si stringono i denti, scaricare l'aumento dei costi sui consumatori è l'ultima delle opzioni. Sono determinanti autoproduzione e autodistribuzione: la scelta di fare un nostro caseificio nel 2011 è stata decisiva per proseguire l'attività. E a volte bisogna fare scelte dolorose per tagliare le spese e ottimizzare: ad esempio abbiamo eliminato 5-6 capi scarsamente produttivi. In tempi normali non si fa, in situazione di difficoltà sì».


Vendete voi tutto il latte che producono le vostre mucche?
«No, una parte va alla Granarolo di cui siamo conferitori storici, mentre un'altra parte la distribuiamo direttamente nel territorio e un'altra fetta ancora è destinata alla produzione dei nostri formaggi. In tutto sono 10 quintali di latte al giorno, in azienda abbiamo anche un distributore di latte crudo, molto apprezzato».


C'entrano anche le caratteristiche di salinità di questo latte che respira la laguna?
«E' un latte di alta qualità, molto selezionato, con un contenuto di iodio connesso proprio a dove nasce. Erba medica e foraggio che diamo alle nostre mucche li prendiamo dai terreni del vicinato che abbiamo in affitto. L'aspetto della salinità è roba da intenditori, alcuni clienti impazziscono per berlo, altri non apprezzano particolarmente la differenza. Per i formaggi - che mia madre Diana vende nei mercati agricoli della zona - il fattore salinità incide e sono molto apprezzati. Ora abbiamo acquisito anche una macchina per il gelato, vedremo come va».


Una cartina al tornasole delle difficoltà?
«Leggevo che i discount sono andati bene, con aumenti significativi. Ma la torta è sempre quella, se aumenta il fatturato chi punta sul basso prezzo perde chi investe sulla qualità. Del resto se i clienti non hanno soldi in tasca, non ne hanno da spendere...».


Da architetto ad allevatrice ed ora nell'associazione di categoria da leader della Cia veneziana: come l'hanno convinta?
«Insistendo molto... Scherzi a parte penso e spero di poter dare un mio contributo, con l'aiuto di tutti e soprattutto di chi mi ha preceduto. In questi mesi ho incontrato tanti agricoltori: non chiedono aiuti, sussidi, ma solo di poter lavorare, dignitosamente, senza essere strozzati da costi a monte sempre crescenti e senza dover fare continuamente i conti con una burocrazia asfissiante».

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