ADHD mania sui social: i giovani accusano iperattività, ansia e scarsa attenzione

La direttrice del dipartimento di salute mentale della Asl Napoli 1 Centro Luisa Russo racconta la patologia

TikTok
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di Giorgia Verna
Lunedì 27 Febbraio 2023, 14:52 - Ultimo agg. 19:12
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Se si è avvezzi al mondo dei social, si sarà notato il recente aumento di Reel e Tiktok legati all’hashtag ADHD, ossia la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Curioso: perché così tanti giovani della generazione zeta dovrebbero identificarsi, e ironizzare, su una patologia che porta ad ansia, irrequietezza e incapacità a recepire correttamente le informazioni?

Se si osservano i dati forniti dalle piattaforme social l’hashtag ADHD ha 21,4 miliardi di visualizzazioni su TikTok. Il secondo hashtag più usato #adhdawareness ha 1,2 miliardi di visualizzazioni e il terzo #adhdsymptoms ha 178,6 milioni di visualizzazioni.

Alcuni format molto diffusi portano il titolo “Cosa significa vivere con Adhd” e mostrano i seguenti scenari: iniziare a fare delle cose per poi distrarsi e dimenticarsene completamente, avere il cervello che si “attiva” quando non dovrebbe e inizia l’overthinking, essere costantemente in ritardo, depressione durante le prime ore della giornata, non riuscire a stare fermi neanche da seduti e altri casi simili.

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Osservando questi video sono moltissimi i giovani che affermano di riscontrare gli stessi sintomi e arrivano alla seguente conclusione: “anche io ho l’ADHD”.

Abbiamo parlato con la neuropsichiatra infantile e direttrice del dipartimento di salute mentale della Asl Napoli 1 Centro Luisa Russo per comprendere se questa impennata da sindrome da ADHD sia normale e cosa effettivamente sia questa patologia.

Cos’è la sindrome ADHD

«L’ADHD è un disturbo da disattenzione e iperattività che fa parte della grande famiglia dei disturbi del neuro - sviluppo. È un disturbo che è caratterizzato da sintomi che riguardano la capacità di stare attenti, aspettare tempo prima di rispondere e tutti disturbi legati all’iperattività motoria: incapacità di stare fermi, di poter stare immobile per determinato periodo tempo.

L’insieme di queste due caratteristiche fanno la diagnosi di ADHD».

Fin qui, dunque, sembra effettivamente che i sintomi che i ragazzi denunciano sui social siano realmente simili alla sindrome da ADHD, ma c’è un dettaglio importante che la dottoressa tiene a precisare.

«Questi sintomi devono manifestarsi prima dei 12 anni, quindi tra i 3 e i 12 anni, e i sintomi devono durare per più di 6 mesi consecutivamente».

Questo è un primo importante fattore da sottolineare. Se i tanti ragazzi che denunciano di avere ADHD hanno cominciato a manifestare i sintomi solo sporadicamente e in età molto avanzata, si può già escludere questa patologia.

Inoltre, la dottoressa Luisa Russo ci spiega che l’ADHD è una patologia abbastanza rara, in genere si attesta con un 5% di incidenza e non sempre le persone che accusano disturbi di attenzione e iperattività hanno ADHD.

La domanda sorge spontanea: se tutti questi giovani però riscontrano questi sintomi, e non è ADHD, da cosa sono causati?

Non c’è, ovviamente, una risposta univoca: «La diagnosi è sempre una diagnosi clinica, mai autodiagnosi. I ragazzi che riscontrano questo tipo di sintomi devono affidarsi a un’equipe di esperti per verificare il loro caso specifico. Questi sintomi possono nascere a seguito di un evento luttuoso, possono palesare un inizio di depressione, o mostrare uno stato ansioso dell’individuo».

Video

I social e l’ADHD

«Non è solo l’ADHD la malattia con cui molti ragazzi si identificano oggi. Questo ci fa riflettere. Un’auto  - diagnosi non si può accettare, ma ci apre degli spunti di riflessione che fanno capire perché alcuni ragazzi si identificano in un disturbo. Da un punto di vista c’è la scarsa capacità di prendersi le responsabilità di un proprio comportamento»

La dottoressa Russo spiega come spesso i giovani tendono ad autodiagnosticarsi delle patologie, magari riconducendo i sintomi a notizie che hanno letto su Google e questo è controproducente.

Non è scontato pensare che anche i social giochino un ruolo fondamentale nell’aumento di iperattività e disattenzione. «I social possono contribuire moltissimo sia a questo tipo di diagnosi, ma anche questo tipo di sintomi, come se scaturisse dalla velocità delle notizie sui social che non riescono ad essere apprese tutto in maniera critica. È un surplus di informazioni che si manifesta in una scarica motoria. Questo non vuole essere una critica ai social, bisogna solo porsi con attenzione ai cambiamenti della società. Non è possibile vivere senza social, bisogna adattarsi e comprendere le nuove esigenze dei giovani».  

I social modificano i circuiti neuronali. Su queste piattaforme la visione è privilegiata rispetto alla scrittura e la lettura. Anche le immagini passano direttamente, non c’è un filtro e le emozioni si modificano in senso percettivo. «Il Covid -19 ha inciso molto sulla situazione. Negli adulti si nota di meno, ma nell’età evolutiva è cambiato tutto»

«Consiglio ai ragazzi che sentono un bisogno e che hanno una difficoltà di attenzione o iperattività di rivolgersi ai servizi specializzati. A Napoli ci sono 10 servizi di neuropsichiatria infantile senza pagamento di ticket e con libero accesso».

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