Silvia Buitoni e le ricette perdute: «Grazie a Proust e ai social rivive la memoria di famiglia»

Silvia Buitoni
Silvia Buitoni
di Vanna Ugolini
Giovedì 2 Gennaio 2020, 12:30 - Ultimo agg. 1 Marzo, 14:42
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Probabilmente il tempo non esiste, è solo una tenace illusione che noi cerchiamo di comprimere, contenere, controllare, calcolare per paura di smarrirci. Ma il tempo passato, quello vissuto, sbricola i recinti in cui cerchiamo di tenerlo, attenua i confini, scolora i contorni dei ricordi. Cosa ce ne facciamo di quel tempo che stiamo perdendo? Non siamo capaci di rimetterlo in ordine, inscatolarlo ancora dentro mesi, giorni, ore, minuti. E allora? Silvia Buitoni, un cognome che porta direttamente dentro tutte le cucine d'Italia, quel tempo ha provato a ritrovarlo, il suo e quello di tanti amici che condividono con lei la passione per la cucina, mescolando, come sanno fare solo le cuoche migliori, cultura e arte del cucinare, ricordi e ricette raffinatissime, Proust e i social.




É quello che succede nel gruppo facebook "Dall'uovo alla coque al ragù", gestito appunto da Silvia,  la cui famiglia ha fatto la storia della pasta e del buon cibo in Umbria e in Italia. Sulla pagina di Silvia la parola che si legge con maggiore frequenza è la "madeleine" di proustiana memoria - un dolce il cui sapore fa scaturire i ricordi dello scrittore di "Alla ricerca del tempo perduto": ogni iscritto, infatti regala agli altri non solo una ricetta antica o particolare ma anche il ricordo che quel cibo fa nascere.

 Una  "ricerca della ricetta perduta" in cui si mescolano insieme, in una sorta di cucina dell'anima, la buona tavola e le emozioni condivise.
«E' un'idea che mi è nata in una mattina di settembre, in un momento un po' difficile. Mi sono occupata a lungo dell'azienda agraria di mio padre, quindi conosco molto bene il valore e la qualità delle materie prime. Poi ho cominciato a scrivere, anzichè a cucinare. Avevo già scritto un libro di ricette con Marcella Cecconi e Vania Tiecco, "Quello che le cuoche non dicono" ma volevo fare qualcosa di diverso. Volevo fare una cosa che coinvolgesse più persone».

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Così è nato il gruppo facebook "Dall'uovo alla coque al ragù".  «All'inizio avevo aperto la pagina con l'intenzione di raccontare piccole storie. Poi la cosa è cresciuta, gli iscritti si sono moltiplicati». E con loro anche le ricette. E i ricordi.

Ci sono anche quelli di Silvia. Intimi, melanconici e allegri allo stesso tempo.

Come la Madeleine che le fa ricordare il grande impreditore Paolo Buitoni, prima di tutto un padre che, naturalmente, sapeva cucinare. Silvia associa il ricordo del padre a quello della trippa.
«La trippa è una cosa particolare, o la ami o la odi. Io la amo. Ci sono diversi modi di prepararla e variano da regione a regione, ma tutti hanno una costante: l'uso di una qualche spezia che contrasti il suo odore marcato - racconta Silvia, mescolado la ricetta ai ricordi -. Io consiglio di lavarla molto bene e di farla bollire con i classici odori (sedano carota e cipolla ma perché no, due chiodi di garofano e qualche granello di pepe) anche se dal macellaio vi hanno detto che è pronta da cuocere. Quella mattina la decisione era stata presa: "Trippa all'andalusa". Mio padre non poteva accontentarsi della classica ricetta nostrana che presuppone buccia d'arancia; o di una nomale trippa alla romana con la menta, no lui voleva il cumino. Non solo, anche il chorizo, il classico salamino rosso di pimenton e bono, come tutti i salumi di Spagna.

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«No Silvia, la salsiccia con il peperoncino non va bene, devi trovarmi il Chorizo». Vi immaginate trovarlo nel cuore verde d'Italia, La patria italiana delle salsicce, nel 1989? Mai una cosa semplice a casa Buitoni, specialmente per quello che riguarda il cibo». Man mano che si scrive, si svelano i segreti della ricetta ma anche quelli delle emozioni e del cuore: «Per mio padre seguire una ricetta al grammo, era indispensabile per la perfetta riuscita del piatto. Nessuna variazione di programma e gli succedeva spesso di fare passeggiate culinarie all'estero, ma nella cucina di casa sua. Torniamo a noi, dopo tre ore di ricerca, in uno chicchissimo negozio della città ero riuscita a trovare il benedetto salame. Tornata a casa con il bottino, si comincia a preparare, seguendo accuratamente la ricetta della Bibbia della cucina in Italia: il "Carnacina". Al solito non ero molto d'accordo. Già il taglio della carne mi disturbava: “Tagliate la trippa a quadratini di quattro cm per lato" recita il signor Carnacina, “Papà, la trippa si taglia a striscioline!” “Vedrai Silvia, anzi assaggerai, e poi mi saprai dire”. Come al solito aveva ragione. Al morso, sapori nuovi e inaspettati si incontravano in un classico della cucina popolare di tutto il pianeta. Ora che ci penso, piace anche a me passeggiare tra le ricette del mondo, grazie a papà. Per la trippa all'andalusa aprite il Carnacina alla ricetta numero 2309 e seguite attentamente le istruzioni, ci vogliono anche ceci, peperoni e una noce, ma oramai il chorizo si trova dappertutto».
Ecco, basta aprire le porte di una cucina per conoscere il mondo interiore di una persona come l'imprenditore Buitoni papà alla prese con il caratterino della figlia.








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E non manca nemmeno la "madeleine", della madre, evocata grazie alla ricetta della gallinella all'acqua pazza: «Noi eravamo tanti figli - spiega Silvia - ed era raro avere la mamma tutta per me. Successe durante un Natale, quando mi ammalai e restai sola con lei per qualche giorni mentre tutta la famiglia era andata a Roma per le feste. Lei cucinò per me una gallinella all'acqua pazza: quel sapore è un ricordo bellissimo».

Dai ricordi del passato al futuro. Che cucina piace a Silvia Buitoni?
«Non ho pregiudizi sulle cucine. Ho mangiato nel deserto con le mani, mi piace anche il sushi ma in pochi lo fanno buono. Ritenfo interessante la cucina di Jamie Oliver, uno chef inglese che è diventato uno showman: ha aperto ristoranti per persone problematiche. Sono anche aperta verso prodotti che vengono da fuori: per me l'aglio rosso che viene dalla Spagna è il migliore, ad esempio. Comunque le mode vanno e vengono, la bontà resta»

Silvia è inarrestabile. Oltre alla pagina facebook insegna cucina agli americani, continua a studiare e... collezione gadget della famiglia: «Sono molto orgogliosa del mio nome. A Perugia è un po' finito nel dimenticatoio nonostante mio nonno Bruno e mio padre Paolo con la Perugina e la Buitoni abbiano fatto la storia dell'imprenditoria umbra e non solo. Io continua a cercare tutto quello che ha fatto parte della storia della mia famiglia, a partire dalle figurine del feroce saladino!»

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Il piatto che ti riesce meglio? «Io sono la regina dei cappelletti. Li faccio col ripieno di carne, ed è buonissimo perchè ho un segreto che non posso rivelare».

Quello che le cuoche non dicono, appunto. 

E i Baci Perugina li mangi? «Mangio quelli di Luisa Spagnoli, la nipote di Luisa. Non si chiamano Baci ma sono cioccolatini fatti con cioccolata di altissimo livello. Buonissimì».

E qui  si potrebbe ripartire con un'altra madeleine.

 

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