Barbara Pelletti, presidente di Cassandra: «Tante vittime riaccolgono in casa mariti violenti, a rischio loro e i figli»

Barbara Pelletti, presidente di Cassandra: «Tante vittime riaccolgono in casa mariti violenti, a rischio loro e i figli»
di Maria Lombardi
Domenica 26 Aprile 2020, 10:36 - Ultimo agg. 10:43
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Il marito le spegneva le sigarette sul corpo, le bruciature come segni di sottomissione. Lei, giovane e bella, era alla fine era riuscita a sottrarsi a quel rapporto malato, l'aveva lasciato e si erano separati. La solitudine di questi giorni, lo smarrimento e anche la paura, chissà, quel senso di fragilità che è di tutti le ha fatto dimenticare le ferite. Lo ha di nuovo accolto a casa, è tornata con lui, «mi ha promesso che si curerà». Una mamma era riuscita a ottenere l'allontanamento del marito violento, con il lockdown tutto come prima: ci si torna a frequentare come niente fosse. «Con la quarantena tante donne che avevano iniziato un percorso per uscire da relazioni  violente stanno facendo passi indietro», Barbara Pelletti, psichiatra e psicoterapeuta è la presidente dell'associazione “Cassandra”, impegnata nella difesa delle vittime di violenza e stalking. «Si confondono, si sentono perse, senza più riferimenti. E inaspettatamente e incompresinbilmente cedono e accolgono di nuovo in casa mariti e compagni che avevano fatto allontanare. Cosi dopo essere riuscite con fatica e dolore a separarsi, rielaborano quei pensieri senza essere consapevoli del grave rischio che corrono. Le donne in questo momento devono stare molto attente e capire che questi ripensamenti sono manifestazioni dello stato di deprivazione in cui si trovano e chiedere subito aiuto. Queste regressioni si pagano a caro prezzo».

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E chissà quante donne si sono trovate in pericolo, nelle settimane di lockdown. E quanti bambini hanno visto e sopportato in silenzio. «Siamo molto preoccupati per loro, non ci si occupa abbastanza dei bambini e della violenza assistita - aggiunge la psichiatra - ma sappiamo bene che i figli coinvolti in questo genere di conflitti ne escono massacrati.  Sono bambini devastati, manifestano ritardi cognitivi e di linguaggio, hanno a loro volta comportamenti violenti. Sappiamo bene che i tempi di incertezza materiale, sociale e di pericolo scatenano ancora di più la violenza. Con i tribunali chiusi, le Ctu sospese, i servizi sociali e psichiatrici ridotti i rischi diventano altissimi soprattutto nelle famiglie con separazioni conflittuali in corso o nelle situazioni in via di definizione. Nessuno ha più potuto seguire questi nuclei, nessuno sa cosa sta succedendo a questi bambini e in queste case. E non possono essere aiutati in questo momento dalle istituzioni. Già sono situazioni gravi e pericolose quando la macchina della giustizia funziona, figuriamoci adesso. Quando usciremo da questa emergenza e riaprirà tutto, dovremo fare i conti in modo diverso con la violenza subita da donne e bambini».
In che modo? «Investire molto di più nel lavoro di prevenzione. Bisogna investigare e scavare, ad esempio, nei disturbi di apprendimento che molti bambini hanno, capire se dietro al disagio tante volte ci sono sitazioni di violenza assistita. Non aspettiamo che questi drammi emergano, il problema è molto più diffuso di quanto si possa immaginare».
E servirebbe anche uno scatto culturale, smetterla di parlare di raptus e “tempesta emotiva”. «La matrice della violenza è l'anaffettività. Omicidio è l'esito di una lucida strategia e non di un raptus. Bisogna sdradicare una mentalità millennaria, e ci vuole tempo».
   

 

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