«L'informatica è roba per donne, ma all'università la studia solo il 7%»

Paola Velardi in una foto Gerard Bruneaux esposta alla mostra curata dalla Fondazione Bracco
Paola Velardi in una foto Gerard Bruneaux esposta alla mostra curata dalla Fondazione Bracco
di Maria Lombardi
Giovedì 16 Maggio 2019, 11:42 - Ultimo agg. 22 Maggio, 20:38
3 Minuti di Lettura

«Le donne si stanno tirando fuori dalla rivoluzione del secolo. E’ molto grave. Sono ancora pochissime quelle che studiano informatica, alla triennale della Sapienza sono appena il 7, 8 per cento. Numeri ridicoli. In tutto il mondo c’è carenza di informatici perché l’altra metà del cielo sceglie studi diversi. Si guadagnerebbero diversi punti di Pil in più se anche le donne intraprendessero questi percorsi».

Paola Velardi, 64 anni, è stata una delle prime Stem lady in Italia. Professore ordinario di Informatica alla Sapienza dove insegna Machine Learning, Web and Social Information Extraction, Business Intelligence. Quando si è iscritta all’università, la laurea in informatica nemmeno esisteva.
«Preistoria. Mi sono laureata in Ingegneria elettronica perché pensavo che avrei trovato lavoro facilmente. All’università di Stanford, che ho frequentato grazie a una borsa di studi, mi sono appassionata di Intelligenza Artificiale».

Più donne ai vertici della pubblica amministrazione, ma è una corsa ad ostacoli

Perché così poche donne informatiche?
«Non viene percepita come una materia di utilità sociale e creativa. Anche quando scelgono di studiare Ingegneria le donne preferiscono le specializzazioni che hanno un’applicazione sociale, come ingegneria energetica o biomedica. La nostra sfida è quella di far capire alle ragazze quanto è appassionante e creativa l’informatica».
In che modo?
«Da qualche anno abbiamo lanciato il progetto ”Nerd? Non è roba per donne?” nato da una collaborazione tra Ibm e il dipartimento di Informatica della Sapienza. Le studentesse degli ultimi anni delle superiori, a Roma ma anche a Milano, Torino e Bari, sono invitate a seguire corsi e seminari dove vengono introdotte al coding, giocando, imparano a programmare. E poi abbiamo organizzato il congresso “womENcourage” che si terrà a Roma dal 16 al 18 settembre 2019 per incoraggiare le ragazze che vogliono scegliere le professioni informatiche. Fondamentale per le donne è anche l’allenamento alle competizione e al team building. Devono diventare brave quanto gli uomini a stabilire reti di contatti. Fare cose fantastiche e non comunicarle serve a poco
».
Quando dovrebbe cominciare l'educazione all'informatica?
«Prestissimo, già alle elementari. Ma la maggior parte delle maestre sono donne e questa passione non ce l’hanno. E così si replicano gli stereotipi. Poi, alle superiori, è già tardi perché le ragazze a differenza dei loro coetanei maschi se non si sentono perfettamente sicure non si buttano. È una questione che dovrebbe affrontare il Miur perché c'è un enorme gap da recuperare e bisogna fare in fretta».
Lei si occupa anche di web e reti sociali. In che modo si muovono nei social uomini e donne? 

«Gli uomini sono centrali, si considerano punti di riferimento mentre le donne fanno più da ponte, diffondono le informazioni». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA